Affitti brevi, come può cambiare la cedolare secca: il governo studia l’aumento al 26%
Il governo va verso l'aumento della cedolare secca per gli affitti brevi: secondo quanto riportato da Repubblica, l'imposta passerebbe dal 21% al 26%, segnando un sensibile aumento per gli italiani che mettono in affitto i propri appartamenti per fini turistico-ricettivi, quindi i bed&breakfast e le case vacanza. Infatti, nell'indice della manovra si legge "modifica della disciplina fiscale sulle locazioni brevi", un titolo che sembra confermare un intervento proprio su questo tema. Questo provvedimento sarebbe parte delle coperture finanziarie per la legge di bilancio che il governo ha approvato a inizio settimana, anche se non ci sono ancora stime sull'ammontare che finirà nelle casse dello Stato.
Attualmente, l'aliquota è pari al 21% del canone di locazione, ma con la modifica potrebbe aumentare di oltre un quarto: questo significa che sarà meno conveniente affittare la propria casa per un breve periodo. La ministra del Turismo, Daniela Santanché, si è fatta carico delle istanze degli albergatori, i quali ritengono che sia concorrenza sleale il fatto che gli hotel abbiano una tassazione maggiore rispetto a quella sottoposta a chi mette a disposizione il proprio appartamento ai turisti. Inoltre, la misura servirebbe anche a contrastare lo spopolamento dei centri storici.
Tuttavia, questo provvedimento ha trovato l'opposizione dell'associazione che rappresenta i proprietari degli immobili. Per Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, l'aumento della cedolare secca da parte del governo sarebbe "un grave errore" e "porterebbe nelle casse dello Stato due lire".
Negli scorsi mesi il tema degli affitti brevi era stato più volte parte del dibattito politico. A maggio, era circolata una prima bozza del decreto Santanchè con il quale la ministra del Turismo voleva imporre un soggiorno minimo di due notti per chi prenota una casa su AirBnb, sostenendo che questa legge avesse il fine di "fronteggiare il rischio di un turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali" e salvaguardare "la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento". A fine settembre, poi, ha iniziato a girare una nuova bozza del decreto che prevedeva anche l'introduzione dell'obbligo di partita Iva per chi mette due (o più) case in affitto.
Ma la proposta non ha trovato sostegno tra le fila della Lega, con il vicepremier Matteo Salvini che si è subito schierato contro, di fatto imponendone lo stop: "Sbagliato aggredire la proprietà immobiliare. La proprietà privata è sacra, frutto del lavoro e di sacrifici. E questo si applica anche al tema degli affitti brevi. Ognuno deve essere libero di decidere come mettere a reddito il proprio immobile".