A proposito dell'atroce omicidio di Luca Varani, sul quale ha avuto già modo di esprimersi il padre dell'assassino (che si è precipitato in tv da Bruno Vespa), aggiunge se possibile, qualcosa di più assurdo e significativo, sulla sua bacheca Facebook anche Mario Adinolfi, militante cattolico, esponente di spicco dei Family day followers, e direttore del Quotidiano La Croce. Così scrive:
L'ultimo post del povero Luca Varani su Facebook è un'immagine biblica con la scritta: Dio creò Adamo ed Eva, non Adamo e Claudio. Citati due hashtag: #noaimatrimonigayinItalia e #Wlafamiglia. Se l'avessi pubblicata io mi avrebbero dato dell'omofobo per settimane e gli insulti carichi d'odio e violenza che sarebbero piovuti da parte di un segmento del mondo Lgbt li conoscete già, perché sono quelli che leggete qui tutti i giorni. Luca Varani è stato ucciso nella maniera più brutale possibile da due gay che lo hanno stordito, drogato, torturato e infine ammazzato. I due si chiamano Manuel Foffo e Marco Prato, quest'ultimo è un noto organizzatore di eventi che a Roma hanno attratto frotte di gay giovani e meno giovani.
Qui si aprono due grandi questioni non da poco. La prima anche se apparentemente meno importante riguarda un metodo sempre più diffuso di comunicazione che possiamo definire di “narcisismo sadomaso”. E' propria di Adinolfi, ma anche di figure di politici come Salvini, Gasparri o Santanché. Usano i social per fomentare fazioni e farsi insultare. Poi c'è sempre qualche consenso. Ma sono soprattutto insulti. Questo circuito è perfetto per passare poi in tv, e ritornare di nuovo sui social con maggior numero di affezionati o maldicenti, nei fulgidi panni di vittima della fazione avversa.
La ripugnanza delle espressioni usate da queste figure purtroppo sempre più centrali nel dibattito pubblico, la violenza dell'insulto sadico, in genere rivolto a fette di umanità che subiscono discriminazioni a vario titolo: dai gay, ai rom, agli immigrati disperati, scatenano – purtroppo – insulti della peggiore specie. Pubblici e chissà quanti privati, ai quali – sempre purtroppo- si uniscono minacce di morte e auguri nefasti. Ma è esattamente qui la loro vittoria: maggiori sono gli insulti ricevuti, maggiore è la fama che ne ricevono, più grande è il vittimismo da spendere come arma per alimentare nuovi insulti e nuovo sinistro consenso. In un continuo – e malsano- oscillare da vittime a carnefici.La prima parte del lungo post di Adinolfi chiarisce bene. Se avessi scritto lo stesso post che ha scritto Luca Varani dice “chissà quante me ne avrebbero dette”. Cioè non si mette certo nei panni della vittima esprimendo pietà, ma al posto della vittima per ricevere un riverbero di attenzione, lasciando credere che Luca sia stato ucciso perché aveva delle idee diverse da quelle degli assassini, ma- guarda caso – simili a quelle di Adinolfi stesso. In sostanza: chi non la pensa come Adinolfi, è vittima della società. E potrebbe quindi essere ucciso appunto da “frotte di gay” (così nomina gay che vanno in discoteca).
La seconda grande questione ha una portata maggiore perché evoca la vera dimensione dell'omofobia, ed è il sottolineare che gli assassini siano “gay”. Come se essere o meno gay sia un'aggravante o la ragione stessa dell'omicidio. Il che è un esempio di scuola di omofobia, così come di razzismo indicare che un assassino sia innanzitutto un immigrato. Aggiunge poi Adinolfi che in un articolo di Repubblica: “per trovare la parola ‘gay' bisogna arrivare al fondo dell'articolo dove si accenna agli eventi "di impronta gay" organizzati da Prato. Secondo l'ipotesi omicidiaria prevalente volevano coinvolgere Luca in un gioco sessuale a tre, in un piano diabolico che porterà all'uccisione del ragazzo per "vedere l'effetto che fa". Si duole insomma perché per il noto quotidiano “omosessuale” non corrisponda affatto a “criminale”, ma sia, giustamente, una nota totalmente trascurabile del movente e dell'eferatezza dei due criminali.
Ho posto già ieri la questione del tema ‘omosessualità' espulso dagli articoli praticamente non c'è traccia in nessun pezzo del rapporto gay che univa Foffo e Prato, si dice solo che Foffo era attratto "dallo stile di vita" dell'amico. Tanto da chiudersi in casa con lui e consumare mille euro di cocaina in quello che pudicamente i giornalisti chiamano "festino": cioè sesso e droga. Finché il sesso a due non basta più e si va a cercare il terzo. Guarda caso il terzo è quello del post "omofobo".
Insomma non sei gay? Ecco perché vieni ucciso. Si lamenta poi che la stampa tutta non sia abbastanza omofoba da dover identificare l'omicida per la sua tendenza sessuale e la vittima per qualcuno che cerca disperatamente di essere "normale". Anzi vagheggia delle inchieste dell'ordine dei giornalisti, ma non contro la ferocia di Bruna Vespa che si precipita sul padre dell'assassino per gli ascolti tv, non per dire basta a Bruno Vespa e a quel tipo di televisione chiamata "servizio pubblico" ma contro quelli che non hanno ben spiegato che l'orientamento sessuale sia all'origine del male.
Continua poi il post non sul tipo di società che produce insensibilità e indifferenza al punto di uccidere per svago, ma riportando tutto su di sé e sulle sue battaglie contro il ddl Cirinnà. Luca Varani non smette di essere ucciso per futili e abietti motivi: dal padre dell'assassino, da Bruno Vespa, dalla tv pubblica e ora anche da Adinolfi. Per finire, così come a ogni attacco terrorista ogni musulmano su questa terra si deve scusare di esistere, il direttore della Croce aggiunge:
Auspico che anche le persone più ragionevoli della comunità Lgbt capiscano che l'odio che generano nei confronti di chi non la pensa come loro va stoppato, prima che diventi davvero incontrollabile.
Come dover chiedere a Adinolfi di scusarsi ogni volta che si rende nota la pedofilia di un parroco. O ogni volta che non sia stata resa nota.
Ma al di là della miseria morale, etica e simbolica che si esprime in quel lungo e terribile post, la parte più forte è proprio che un gay non possa essere alla stregua di un qualunque etero, un assassino. Efferato, terribile, idiota assassino. E' terribile dover rivendicare l'uguaglianza anche in questo settore, ma forse proprio partendo da questo principio, che si abbattono i muri più alti. L'umanità o l'assenza di questa, come nel caso dei due sciagurati complici, non è determinata né dall'orientamento sessuale, né da cosa si pensi del ddl Cirinnà. Sarebbe invece molto opportuno che si capisse che gli assassini non sono affatto “mostri”, ma il nostro preciso prodotto culturale. E questo capovolgimento della società che certo non passa dalla step child adoption, dovrebbe essere al primo posto dell'agenda politica.