Addio concorsi, le promozioni nella Pubblica amministrazione le decideranno i dirigenti
La parola chiave, secondo il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, è "merito". Non è la prima volta che la sentiamo pronunciare a esponenti del governo Meloni, anzi. È uno dei concetti che sta alla base del mandato di alcuni ministri e – in generale – rappresenta la linea dell'esecutivo su una serie di questioni. Basti pensare che la presidente del Consiglio ha deciso da subito di cambiare nome al ministero dell'Istruzione, aggiungendo proprio la parola merito. Per Zangrillo, però, si tratta di applicarlo non tanto alla scuola, quanto al mondo del lavoro. E attraverso il merito si può provare a rendere il comparto pubblico più simile a un'azienda privata.
Bisogna poter "gestire il percorso professionale delle nostre persone con meccanismi diversi da quelli attuali", dice il ministro al Messaggero. "La crescita non può essere per anzianità. Si matura un tempo in una posizione, poi si può accedere al concorso e passare alla categoria superiore. È un sistema non più al passo con i tempi – spiega Zangrillo – Questi meccanismi vanno ripensati". Come farlo? Semplice: "Va data una responsabilità ai dirigenti. Non possiamo liberarli della decisione di valutare e di premiare, anche sotto il profilo della crescita, un proprio collaboratore. Non esiste nessuna azienda nel privato che per far crescere un dipendente lo obbliga a fare un concorso".
A ostacolare l'iniziativa di Zangrillo c'è però la Costituzione, che – all'articolo 97 comma 3 – recita:
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Anche su questo, Zangrillo va dritto al punto: "L’articolo 97 dice che nella pubblica amministrazione si entra per concorso. Questo nessuno lo mette in discussione. Però credo che le modalità con cui si gestisce l’ascensore sociale nella Pa oggi possono essere ripensate". Insomma, bene entrare con una selezione, ma nessuno dice che poi si debba procedere per anzianità o per concorsi interni. Le regole, con il governo Meloni, potrebbero cambiare.