Addio alle monete da 1 e 2 centesimi: quanto costerà agli italiani la loro abolizione
Alcuni supermercati hanno deciso di salutare una volta per tutte le monetine da 1 o 2 centesimi. Anche se difficilmente qualcuno sentirà la mancanza dei ‘ramini', i consumatori hanno espresso alcune preoccupazioni riguardo ai conseguenti arrotondamenti della spesa, per eccesso o per difetto, al multiplo di 5 centesimi più vicino. Il provvedimento a cui alcuni esercizi commerciali hanno deciso di avvalersi è una conseguenza dello stop alla coniazione dei tagli più piccoli da parte della Zecca dello Stato. Produrre le monete da 1 e 2 centesimi, infatti, costerebbe più del loro effettivo valore. Arrotondare il resto dovuto al cliente risulta perciò una misura necessaria per far fronte alla progressiva diminuzione di questi pezzi dalla circolazione. Nonostante la misura consenta di arrotondare il prezzo sia a rialzo che a ribasso, i consumatori temono che ciò non gioverà alle loro tasche. La pratica del commercio a €9,99, consolidata ormai da anni, porterebbe ad un arrotondamento di fatto sempre verso l'alto. Il prezzo ad un passo dalla cifra tonda, se già in passato è stato una scelta che ha giocato molto sulla psicologia del consumatore pesando sulle sue spese, si potrebbe rivelare ancora una volta dannoso per il portafoglio delle famiglie.
Conad dice addio alle monete da 1 e 2 centesimi
Conad è il primo grande distributore ad ufficializzare la pratica.. In alcuni punti vendita di Emilia-Romagna, Marche, Veneto e Friuli-Venezia Giulia sono apparsi dei volantini in cui si comunica l’adesione al provvedimento a causa di difficoltà “nel reperimento delle monete da 1 e 2 centesimi”. Da questo momento, solo per i pagamenti in contanti, il supermercato potrà arrotondare il resto al cliente sulla spesa totale al multiplo di 5 centesimi più vicino. Ciò significa che, ad esempio, su una spesa di €10,98 si potranno battere in cassa €11. Conad però afferma che i prezzi reali dei prodotti non sono stati toccati: infatti, il problema non si presenta se il consumatore decide di effettuare una transazione elettronica (utilizzando carte o bancomat) o se si presenta alle casse con l’effettivo importo dovuto. Anche se il supermercato ha deciso di ricorrere alla possibilità di arrotondare eliminando le monetine più piccole, queste non possono essere rifiutate, non avendo perso il loro valore legale almeno fino all’esaurimento di quelle ancora in circolazione.
"Non è stata una scelta presa a cuor leggero, purtroppo gli istituti di credito non sono più in grado di fornire questo tipo di valuta nelle quantità necessarie”, hanno dichiarato rappresentanti Conad all’Ansa. Dal 1° gennaio 2018 la Zecca dello Stato ha smesso di coniare le monete da 1 e 2 centesimi, secondo l’articolo 13 quater della legge 96/2017. Anche se, come già specificato, questi tagli conserveranno comunque il loro valore legale, almeno fino a quando resteranno in circolazione. Il motivo dietro l’addio dei ‘ramini'? L’eccessivo costo di produzione.
Costi di coniazione troppo alti
Secondo i dati di Poligrafico e Zecca dello Stato, tagliando gli ingenti costi diretti di coniazione delle monete da 1 e 2 centesimi, risulterebbero notevoli risparmi che potrebbero essere destinati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Tali costi corrisponderebbero a €9,06 per 1000 pezzi di monete da 1 centesimo e di €11,36 per 1000 pezzi da 2 centesimi. Nel 2017 sono stati commissionati 260 milioni di pezzi da 1 centesimo, corrispondenti ad una spesa di €2.335.600, e 150 milioni di pezzi da 2 centesimi, per €1.704.000. Dalla somma delle monete prodotte e dei costi di coniazione emerge un totale di 410 milioni di pezzi per oltre 4 milioni di euro, precisamente 4.039.600. Il risparmio stimato, tenendo conto anche di un conseguente aumento del fabbisogno delle monete da 5 centesimi, è di €1.870.200.
Cosa cambia per i consumatori
Per i consumatori, tuttavia, il risparmio ottenuto dallo Stato rischia di tradursi semplicemente in una maggiore spesa delle famiglie italiane. Vincenzo Donvito, presidente dell’associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori (Aduc), ha dichiarato al Sole 24 Ore, che l’arrotondamento dei prezzi, conseguente alle disposizioni della 96/2017, comporterebbe un aumento dei prezzi dello 0,2%, per cui la spesa media annuale alimentare delle famiglie crescerebbe di 23 milioni di euro. La stima, bisogna precisare, considera solo un arrotondamento dei prezzi al rialzo, mentre la misura consente anche il contrario. Ad esempio, nel caso un prodotto portasse il cartellino a €4,02 questo potrebbe essere battuto in cassa per €4 tondi, comportando di fatto un risparmio per il cliente.
Un modo per contrastare la questione ci sarebbe, ma continua a non essere popolare in Italia. Se si utilizzassero le transazioni elettroniche per i pagamenti, oltre a rendere più tracciabili e trasparenti le spese, si eviterebbe il problema alla radice, non incappando più nella ‘trappola' dell’arrotondamento. Ma nel nostro paese, secondo un'indagine della BCE, l’86% delle transazioni continua ad avvenire in contanti, in una percentuale nettamente più alta rispetto agli altri paesi dell’Eurozona.