Abuso d’ufficio, perché la cancellazione del reato va contro le richieste dell’Europa
Il piano del governo, secondo il ddl che è stato varato in Cdm la scorsa settimana, è cancellare l'abuso d'ufficio. Si tratta del primo step della riforma della Giustizia, targata Nordio.
Nel testo che ha ottenuto il via libera il 15 giugno c'è l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio (articolo 323 del codice penale) secondo cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che violando leggi e regole di condotta, "omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto", si procura o procura ad altri "un ingiusto vantaggio patrimoniale" oppure danneggia l'interesse di altri, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Il governo ha motivato questa decisione ricordando che nel 2021 sono state 4.745 le iscrizioni nel registro degli indagati e solo 18 le condanne in primo grado.
Inoltre, come spiega il comunicato diffuso dopo il Cdm, nel ddl viene introdotta un'ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), reato che viene depenalizzato.
Rispetto alla norma precedente si prevede che: "le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite); le relazioni devono essere sfruttate "intenzionalmente"; l'utilità data o promessa al mediatore deve essere economica; il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per remunerare il soggetto pubblico o per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa); il trattamento sanzionatorio del minimo edittale sale da 1 anno a 1 anno e 6 mesi. Si rendono applicabili anche per il traffico d'influenze illecite le attenuanti per la particolare tenuità o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. Si estende al traffico d'influenze illecite la causa di non punibilità per la cosiddetta collaborazione processuale".
Perché la riforma di Nordio va contro l'Europa
Il problema però è che, come ha sottolineato la Repubblica in un articolo di Gianluca Di Feo, il governo va in direzione opposta rispetto a quanto ha chiesto l'Europa appena un mese fa. Vediamo perché.
Dopo lo scandalo Qatargate una direttiva della Commissione europea ha chiesto agli Stati di potenziare la lotta alla corruzione. Il testo che introduce la direttiva, ora al vaglio del Parlamento e del Consiglio, dice che "La corruzione è altamente dannosa per la società, per le nostre democrazie, per l'economia e per gli individui. Mina le istituzioni da cui dipendiamo, diluendo la loro credibilità e la loro capacità di fornire politiche pubbliche e servizi pubblici di qualità. Agisce come facilitatore della criminalotà organizzata e dell'interferenza straniera ostile". Ogni anno, scrivono ancora da Bruxelles, vanno in fumo 120 miliardi di euro, soldi sottratti alla collettività, risorse che vengono sottratte alla crescita economica. Quindi, sottolinea la Commissione Ue, "prevenire e combattere con successo la corruzione è essenziale sia per salvaguardare i nostri valori sia per mantenere lo stato di diritto e la fiducia nei governanti e nelle istituzioni pubbliche".
Pertanto la direttiva dice espressamente che le Nazioni Unite chiedono che vengano adottate "misure legislative e di altro tipo per stabilire alcuni atti come reati: abuso di funzioni, traffico di influenza".
L'Europa, pur riconoscendo che gli Stati hanno introdotto pene per l'abuso d'ufficio e il traffico di influenze (la media è 5 anni), chiede di fare di più: inasprire le pene, contemplare anche l'abuso d'ufficio nel settore privato e definire inoltre il reato d'abuso d'ufficio nel pubblico impiego come "l'omesso compimento di un atto da parte di un pubblico ufficiale, in violazione di legge, per ottenere un debito vantaggio". L'opposto di quanto stabilisce l'esecutivo Meloni.
Il governo insiste: "Abuso d'ufficio non combatte la corruzione"
A rispondere ai richiami dell'Europa ci pensa il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, che in un'intervista a Repubblica assicura: "Interloquiremo con l’Europa e spiegheremo che nella battaglia contro la corruzione l’asticella del nostro codice è una delle più alte, non c’è altro Paese che ce l’abbia alta come la nostra. Ma l’abuso è un reato definito ‘sussidiario', e io lo contesto proprio per questo, per non parlare del rapporto impietoso tra imputazioni e condanne da cui nasce la paura della firma. Già in tempi normali, ma soprattutto con il Pnrr, l’Italia non se lo può permettere".
"Qui il tema vero è che noi stiamo facendo una riforma liberale del diritto penale che non depriva i magistrati di alcun potere d'indagine, ma conferisce diritti in più al cittadino presunto innocente. Siamo disposti a dialogare con tutti, ma siamo orgogliosi della nostra proposta".
"Se Nordio è irrispettoso? A noi sembrano più irrispettosi i magistrati che hanno cominciato a criticarlo", ha detto ancora Delmastro, negando che la premier si sia arrabbiata: "Leggo solo propalazioni giornalistiche, non l'ho sentita per nulla irrigidita, come me del resto". Per Delmastro "l'Anm è un interlocutore con cui vogliamo dialogare ma preferiremmo che lo facesse sui testi e non sui pre-testi, altrimenti le critiche diventano pregiudizi".
Anche il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto difende la riforma: "Abbiamo 5400 iscrizioni circa, appena 18 condanne, mi sembra sia un dato che dà l'idea di come ci sia una norma che non solo è inutile, ma è anche dannosa". E poi c'è "la protesta di tutti i sindaci di tutti i generi che ci vengono a dire di come abbiano le mani legate con la burocrazia difensiva, la paura dell'atto lecito comporta un rallentamento nei confronti del rapporto pubblico amministrazione-privato. In un periodo di Pnrr non ci possiamo permettere questo" .
"L'abuso d'ufficio combatte la corruzione? Non combatte un fico secco, se questi sono i dati – ha aggiunto il viceministro – Il carattere sanzionatorio dell'abuso è la pendenza del processo, molte volte l'amministratore deve fare il passo di lato, vittima di un processo mediatico. Se il problema era la pendenza l'unica soluzione era abolirlo. Ci sono ben altri reati che possono intervenire nelle ipotesi di reato legate alle illegalità nelle pubbliche amministrazioni: il falso, la truffa, ecc… E poi non c'è solo il diritto penale per sanzionare le condotte illegittime".