Aborto, perché serve l’intergruppo parlamentare, D’Elia (Pd): “Facciamo un tagliando alla legge 194”
Lo scorso 18 maggio si è riunito per la prima volta il nuovo intergruppo parlamentare per promuovere la corretta applicazione e l'aggiornamento della legge 194 sull'aborto, per garantire a tutte le donne la possibilità di interrompere la gravidanza, se lo desiderano. All'iniziativa, promossa dall'Associazione Luca Coscioni, hanno aderito fino ad ora 18 parlamentari ma nessuno fa parte della maggioranza di governo.
Il progetto intende dare anche attuazione pratica alla petizione presentata dall'Associazione Luca Coscioni al Parlamento alla fine dello scorso anno e su cui ora è aperta una raccolta firme.
Ne fanno parte Laura Boldrini (Pd), Susanna Camusso (Pd); Stefania Ascari (M5S); Cecilia D'Elia (Pd); Benedetto Dalla Vedova (Misto, +Europa); Sara Ferrari (Pd); Marco Grimaldi (Alleanza Verdi e Sinistra); Riccardo Magi (Misto, +Europa); Celestino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra); Ilenia Malavasi (Pd); Emma Pavanelli (M5S); Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi e Sinistra); Lia Quartapelle (Pd); Andrea Quartini (M5S); Rachele Scarpa (Pd); Luigi Spagnolli (Pd); Gilda Sportiello (M5S), Giulia Pastorella (Azione). Come si vede dall'elenco, nessun parlamentare di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia ha manifestato l'intenzione di partecipare ai lavori del gruppo.
Tre gli obiettivi principali su cui l'intergruppo sarà impegnato: ottenere la pubblicazione di dati aperti sullo stato di applicazione della legge 194 del 1978; aggiornare la legge numero 194 del 1978, nel rispetto del diritto alla salute delle donne; garantire la gratuità di tutti i moderni metodi contraccettivi.
Cecilia D'Elia, senatrice del Pd, ha spiegato a Fanpage.it, nel giorno del 45esimo anniversario della legge 194 del 1978, perché è stato necessario creare l'intergruppo: "Al momento alla chiamata dell'Associazione Coscioni hanno risposto solo senatori e deputati dell'opposizione, nessuno da Fdi, Fi o Lega. Dopo la prima riunione ci siamo lasciati ovviamente con l’augurio di allargare l’intergruppo, che non vuole affatto essere di parte, ma vogliamo ragionare seriamente, non in modo ideologico, su come oggi viene garantito il diritto a un aborto sicuro e legale nel nostro Paese", ha spiegato D’Elia.
"Il senso è, a 45 anni dall'approvazione della 194, fare un tagliando a questa legge, fare cioè una valutazione. La prima richiesta è quella di avere dati che abbiano una maggiore attenzione alle differenze territoriali, alle realtà in cui l’accesso all’aborto è effettivamente garantito, per avere un quadro più dettagliato. Poi serve individuare tutte le criticità, per esempio sull’aborto farmacologico, sulle differenze regionali anche sull’applicazione delle linee guida nazionali. L’obiettivo è anche poi di poterne discutere, ci sarà infatti un seminario d’approfondimento il prossimo 20 giugno, con esperte e medici".
"Da parte nostra c’è una preoccupazione sullo stato di applicazione della 194 e anche sugli attacchi che questa legge continua a subire. Basti pensare alla raccolta firme di Pro Vita che vorrebbe obbligare le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito cardiaco del feto quando vanno a fare il certificato per chiedere l’interruzione della gravidanza, un’idea punitiva e colpevolizzante".
Dopo i primi mesi di governo secondo D’Elia il problema non è legato al cambiamento delle norme in sé, bensì "all’utilizzo di una parte della legge", la parte in cui si parla di tutela della vita e maternità responsabile, che viene spesso richiamata dalla maggioranza come strumento di "dissuasione per le donne che hanno maturato la scelta di interrompere una gravidanza. Invece noi pensiamo ci debba essere pieno rispetto della decisione che una donna ha maturato. Le criticità si riscontrano maggiormente dove la destra è al governo, come Umbria e Marche, in cui viene chiesto il ricovero per l’aborto farmacologico, che è meno invasivo di quello chirurgico e che tra l’altro costa anche di meno al Servizio Sanitario Nazionale. Siamo molto indietro su questo come Paese, se analizziamo i dati. C’è non solo un tema di colpevolizzazione delle donne, ma anche di stigma nei confronti degli operatori e delle operatrici che applicano la legge. Tutto questo non è nuovo, ma viene rimesso in discussione da questa cultura politica di destra. Non dimentichiamo che la ministra Roccella ha detto che l’aborto fa parte ‘purtroppo' delle libertà delle donne. E la presidente del Consiglio Meloni ha parlato di ‘diritto a non abortire’, che è un controsenso. È chiaro che noi abbiamo bisogno di politiche che sostengano le scelte, che sono anche quelle di maternità. Ma quando una donna si rivolge a un servizio perché vuole interrompere una gravidanza bisogna accoglierla e sostenerla. Anche perché ricordiamo che è già previsto un colloquio per approfondire i motivi che la spingono a perseguire quella strada, non c’è bisogno di ulteriori colpevolizzazioni”.
"L'intergruppo è l’occasione di una effettiva cooperazione e sinergia politica nell’esclusivo interesse dei cittadini. L’applicazione pratica e concreta di quella che dovrebbe essere l’attività politica in materia di diritti fondamentali", hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretaria e tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. "Nel corso degli anni abbiamo evidenziato le criticità legate alla non corretta applicazione della legge 194 del 1978. Con questo intergruppo vogliamo quindi ottenere una maggiore tutela e garanzia per tutte quelle donne che, a oggi, a causa di inadempienze e di una legge ferma nel tempo non vedono garantito il loro diritto alla salute riproduttiva"