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Aborto, così le politiche di governo e Regioni minacciano l’accesso all’interruzione di gravidanza

Secondo l’ultimo report di Medici del Mondo, in Italia le politiche condotte sia a livello nazionale che regionale stanno trasformando l’interruzione di gravidanza in una pratica sempre più inaccessibile. Tra obiettori di coscienza, carenza di consultori e sostegno a gruppi pro-life, chi decide di abortire spesso ha davanti a sé una strada in salita, piena di ostacoli di natura ideologica ed economica.
A cura di Giulia Casula
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Abortire in Italia è ancora una difficile corsa a ostacoli. Nonostante nel nostro Paese esista dal 1978 una legge – la 194 – che consente di accedere all'interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione, negli ultimi anni si è assistito a un aumento allarmante di politiche restrittive nei confronti di questo diritto.

Mentre il Parlamento Ue ha approvato l'inserimento dell'IVG nella Carta dei diritti fondamentali e la Francia ha introdotto il diritto all'aborto all'interno della sua Costituzione, in Italia le politiche condotte sia a livello nazionale che regionale stanno progressivamente trasformando l'interruzione di gravidanza in una pratica sempre più inaccessibile. 

A rivelarlo è Aborto a ostacoli, l'ultimo report realizzato da Medici del Mondo (MdM), una rete internazionale che si occupa, tra le altre cose, anche di salute sessuale e riproduttiva. Il rapporto, presentato oggi alla Camera assieme alla deputata M5s Gilda Sportiello, denuncia un "vero e proprio attacco sistematico all’accesso all’IVG, che ostacola un diritto che dovrebbe invece essere garantito", si legge.

Risale a pochi mesi fa, infatti, l'approvazione dell'emendamento, targato Fratelli d'Italia, al decreto Pnrr che in sostanza ha aperto le porte dei consultori ai "soggetti del Terzo settore che abbiamo una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità", ovvero, nella maggior parte dei casi, associazioni anti-abortiste e pro-life.

A questa si aggiungono una serie di proposte di legge in senso anti-abortista, come quella, promossa da alcuni gruppi pro-vita, che ha cercato di rendere obbligatorio l'ascolto del ‘battito fetale' per scoraggiare le donne che decidono di abortire, non senza gravi ricadute sulla loro salute mentale. Peraltro, si tratta di un termine improprio dal momento che per la comunità scientifica risulta scorretto parlare di ‘un cuore che batte' almeno fino all'ottava settimana di gestazione.

Sempre in questa categoria rientrano le pratiche di normalizzazione dei cimiteri dei feti, che in Italia sono almeno una cinquantina, e proposte come quelle di Fdi e di Forza Italia per riconoscere la capacità giuridica dell'embrione fin dal suo concepimento.

Tutti gli ostacoli all'esercizio del diritto di aborto in Italia

Nel nostro Paese sono numerose le barriere che rendono complicato per una donna ricorrere all'aborto. In primo luogo vi è la difficoltà a reperire informazioni sulle procedure da seguire, spesso poco chiare e farraginose, a cui si lega la grave carenza di consultori, primo punto d'ascolto per chi desidera affrontare un percorso di IVG. Basti pensare che, secondo l'ultima indagine condotta dall'Istituto Superiore di Sanità, il numero di centri dislocati su tutto il territorio nazionale risulta essere di uno ogni 32mila abitanti, contro la proporzione di uno ogni 20mila prevista dalla legge.

Chi decide di interrompere una gravidanza spesso si ritrova a dover percorrere una strada in salita, fatta di ostacoli di natura ideologica, ma anche economica dal momento che in molti casi le donne sono costretta a raggiungere altre Regioni per abortire.

C'è poi la questione dell‘obiezione di coscienza. La legge 194 infatti, consente al "personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie" di dichiararsi obiettori di coscienza e quindi, di rifiutarsi di compiere "le procedure e le attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza".

Stando ai dati del Ministero della Salute, nel 2021 in Italia il 63,4% dei ginecologi si è dichiarato obiettore, con punte dell’85% in Sicilia e dell'84% in Abruzzo, così pure il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. In generale, solo il 59,6% delle strutture con reparto di ostetricia e ginecologia effettua l'IGV. Un dato in calo rispetto al 63,8% del 2020, che presenta forti differenze tra le Regioni.

Le Regioni maglia nera del diritto all'aborto: Lombardia, Umbria e Marche

Tra le Regioni maglia nera del diritto all'aborto spicca la Lombardia, dove i consultori familiari privati possono escludere dalle loro prestazioni quelle per l'interruzione volontaria di gravidanza, il che si traduce in un enorme ostacolo nell'accesso all'IVG.

Un'altra Regione a distinguersi per la sua vicinanza alle associazioni pro-life è l'Umbria, dove la presidente leghista Donatella Tesei aveva dapprima negato la possibilità di ricorrere all'aborto farmacologico in day hospital o dal proprio domicilio, attraverso la pillola RU486, per poi fare marcia indietro, consentendone il ricorso fino alla nona settimana ma comunque in ospedale. Pillola che, denunciano dalla Rete italiana Pro-Choice, fino a poco tempo fa non era disponibile presso l'ospedale di Perugia.

Infine, ci sono le Marche dove ben sette consultori hanno un tasso di obiezione di coscienza, che arriva persino al 100%. Qui inoltre, l'accesso all'aborto farmacologico è consentito solo fino alla settima settimana, mentre su 66 solo 26 rilasciano la certificazione per l'IVG.

Sportiello (M5s): "Ancora tante violenze minano il diritto all'aborto"

"Le violenze e i tanti ostacoli che ancora esistono nel nostro paese, minano il diritto di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza ", dichiara la deputata del M5S Gilda Sportiello. "Oggi abbiamo approfondito, guardando ai dati, qual è la situazione nel nostro paese con l’obiettivo di smontare la narrazione colpevolizzante delle persone che decidono di abortire, per dire ancora una volta che non deve esserci posto per gli antiabortisti nei consultori e nei luoghi della sanità pubblica, per denunciare l’utilizzo dei fondi pubblici per finanziare associazioni private anti scelta, e per raccontare ancora una volta, i troppi ostacoli che si frappongono tra le persone e il diritto all’autodeterminazione, tra le persone e il diritto alla salute", prosegue.

"E mentre nel nostro paese si fa sempre più grave l’attacco ai diritti, nel Regno Unito verranno individuate zone interdette agli antiabortisti: sarà illegale qualsiasi azione volta, intenzionalmente o incautamente, a molestare le persone che hanno deciso di interrompere una gravidanza. Una decisione necessaria che dovrebbe essere norma anche nel nostro paese", conclude la parlamentare.

Anche per Elisa Visconti, direttrice di Medici del Mondo Italia, "la ricerca evidenzia quanto ancora siamo lontani dalle raccomandazioni dell’OMS e da quanto previsto dalla nostra Costituzione in merito al diritto alla salute che dovrebbe essere garantito dai Livelli Essenziali di Assistenza. E ciò a causa di una chiara volontà politica che può avere conseguenze sulla salute mentale delle persone che vogliono abortire", ha dichiarato.

Da qui la richiesta nei confronti del Ministero della Salute di "adeguare la normativa e le procedure in materia di IVG recependo integralmente le raccomandazioni dell’OMS del 2022 e di garantire un sistema sanitario davvero capace di garantire il diritto all’aborto. Riteniamo inoltre necessari l’aumento del limite legale di età gestazionale in cui è possibile ricorrere all’IVG, l’abolizione dell’attesa forzata e dell’obiezione di coscienza. L’interruzione volontaria di gravidanza – concludono dall'organizzazione – deve essere considerata esclusivamente come un atto medico, privo di connotazioni ideologiche, volto a garantire la tutela della salute psicofisica della persona gestante".

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