Doveva essere la fine del predominio del PD in Toscana, la fine di Emiliano in Puglia, la rimonta del NO sul SI' alla fine l'unica Regione che ha cambiato "colore" sono state le Marche. Queste elezioni si potrebbero raccontare così, parlando di Matteo Salvini che si è scontrato sulla linea dell'Arno, sulle cui sponde anche il suo omonimo (Renzi) ha squillato la sua (ultima?) tromba nel centrosinistra. Il Pd in Toscana avrebbe vinto anche senza Renzi, anzi, in Puglia ha vinto contro Renzi (e Calenda e +Europa). L'ex Presidente del Consiglio ricopre un ruolo, ormai, sempre più marginale nella politica italiana, incapace di vincere perfino a casa sua. Il destino di Matteo Renzi si è fermato al 4 Dicembre 2016, così come quello del suo omonimo si è fermato al bar del Papeete.
Matteo Salvini non espugna la Toscana, anzi, la sua Lega arretra in tutta Italia diventando il secondo partito in Veneto (dietro la lista di Zaia) mentre la Campania (dove tanto si era speso) consegna la Lega alla marginalità nel mezzogiorno. Sono lontani i tempi del Papeete e i consensi che volavano ben oltre il 40%, Matteo Salvini sembra l'ombra di sé stesso, incalzato dai sondaggi e dalla coppia Zaia/Giorgetti.
Ma queste elezioni si potrebbero raccontare anche in altro modo, dimenticandosi del pubblico che ama leggere del gossip della politica e dedicandosi agli italiani che non vivono per e delle dinamiche di partito. Si potrebbero raccontare provando a parlare alla maggioranza degli italiani che, di queste elezioni, ricorderà solo l'immobilismo del governo nei mesi prima del voto. Rimarrà l'incapacità di trasformare una coalizione in un'alleanza. Rimarrà l'inevaso appello del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a correre uniti ma soprattutto il timore di fare qualsiasi cosa pur di non perdere consensi. Un immobilismo che ha sacrificato la modifica dei decreti sicurezza all'altare della paura di perdere la presidenza di una regione. Gli italiani che vorrebbero che il paese andasse avanti hanno atteso che passasse questo 21 settembre come nel 2000 si attendeva il "Millenium bug". Il 21 settembre è arrivato e alla fine non solo "il sole è sorto lo stesso" ma ci ha ricordato che a furia di "non fare" per "non perdere" il nostro paese ha accumulato un ritardo strutturale rispetto agli altri paesi occidentali. Abbiamo perso mesi schiacciati da un'infinita campagna elettorale . Sembra essere tornare agli anni del "berlusconismo" in cui il centrosinistra non faceva per paura di sbagliare e a furia di non sbagliare rimase solo il non fare. Una strategia di corto respiro che può consentirti di vincere qualche elezione amministrativa ma di certo non ti porta a cambiare, davvero, la storia di una nazione.
L'Italia non può permettersi ulteriore immobilismo, non può permettersi che le prossime elezioni (comunali) di marzo/aprile si trasformino nell'ennesimo voto sul governo. Non possiamo permetterci un paese in cui un governo (qualunque esso sia) non fa per timore della prossima elezione. La politica (quella con la P maiuscola) dovrebbe avere il coraggio di fare e confrontarsi (dopo 5 anni) con gli elettori lasciando che siano questi ultimi a scegliere sulla base di ciò che è stato fatto (e ciò che non). L'Italia non può fermarsi ogni 6 mesi a causa di un'elezione. Il nostro paese ha già accumulato troppo ritardo, chi ci governa dovrebbe smettere di aver paura e iniziare, davvero, a cambiare il paese.