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Abbiamo fatto bene a regalare 12 motovedette alla Libia per il “controllo” dei migranti?

La Camera dei deputati ha dato il via libera definitivo al disegno di legge di conversione di un decreto legge governativo che prevede la cessione di dodici unità navali alla Guardia Costiera libica. Proviamo a capire di cosa si tratta e se stiamo parlando di una scelta giusta e utile per il controllo dei flussi migratori.
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La Camera dei deputati ha dato il via libera definitivo alla conversione in legge del decreto n.84recante disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici”. La proposta, già approvata al Senato a larghissima maggioranza, ha ricevuto il via libera della Camera, con il voto favorevole di maggioranza e di parte dell’opposizione. Contro, come al Senato, si sono espressi solo i deputati di Liberi e Uguali e quelli di +Europa con Emma Bonino, mentre il PD stavolta non ha partecipato al voto.

Il testo si propone di “incrementare la capacità operativa della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell’interno libici nelle attività di controllo e di sicurezza rivolte al contrasto all’immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, nonché nelle attività di soccorso in mare”, tramite la cessione “a titolo gratuito al Governo dello Stato di Libia” di 10 unità navali CP classe 500 e di 2 unità navali di 27 metri, appartenenti rispettivamente a Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Per il ripristino in efficienza e il trasferimento in Libia delle CP 500 sono stanziati 695mila euro, mentre per l’adeguamento delle due Corrubia da 27 metri ne serviranno 455mila. Ulteriori spese, nell’ordine di circa 1,3 milioni di euro sono previste per “la manutenzione delle unità navali “ e lo “svolgimento di attività addestrativa e di formazione del personale della Guardia costiera del Ministero della difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell’interno libici ai fini di potenziarne la capacità operativa nel contrasto all’immigrazione illegale e alla tratta di esseri umani”. Complessivamente, dunque, l’intera operazione di cessione delle unità navali e di addestramento delle forze libiche ci costerà oltre 2,5 milioni di euro per l’anno 2018, che saranno prelevati da fondi del ministero dei Trasporti, dell’Economia e degli Esteri. È ipotizzabile che i libici utilizzino le motovedette per aumentare le attività di pattugliamento delle coste, anche se ci sono dubbi sulla reale affidabilità della Guardia Costiera di Tripoli.

Prima della discussione, l'Aula ha discusso sulle pregiudiziali di costituzionalità. Nella lettura di Riccardo Magi, eletto con +Europa, il decreto presentava infatti forti profili di incostituzionalità, dal momento che la Carta prevede la necessità di garantire il diritto d’asilo e tutelare coloro che ne fanno richiesta. Rafforzare la Guardia Costiera libica, dunque, significa avallare la pratica dei respingimenti, come ha spiegato l'esponente radicale a Repubblica: “Noi stiamo affidando alla Libia l’incarico di respingere una parte consistente di chi parte e che invece meriterebbe protezione. Stiamo facendo respingimenti per interposta persona, anzi per interposto stato. Nel 2012 siamo stati condannati perché ci fu un intervento diretto delle nostre autorità. Oggi la sostanza non cambia, la cessione delle motovedette è solo un’operazione di facciata”. Il Post ha fatto invece il punto sulla questione del “porto sicuro”, sottolineando come “nel corso del tempo si sono espressi sulla questione tribunali europei e organi dell’Unione Europea, e tutti hanno escluso che la Libia si possa considerare tale: le violazioni sistematiche dei diritti umani compiute sui migranti rinchiusi nei centri di detenzione libici – torture, stupri, pratiche legate alla schiavitù – sono state ampiamente documentate”.

Cessione di unità navali alla Libia, perché sì

Dalle dichiarazioni di voto è emerso un quadro piuttosto chiaro. La maggioranza e parte delle opposizioni considerano ormai la Libia come un interlocutore legittimo, che va dunque aiutato nel suo percorso di stabilizzazione ma soprattutto per quel che concerne il controllo delle frontiere. Come ha spiegato il deputato leghista Formentini, si tratta di “dotare la Libia di mezzo che le consentano di operare per il contrasto della tratta delle persone e per rendere sicura la navigazione nel Mediterraneo Centrale, salvando vite umane”. La maggioranza M5s – Lega ha insistito su una “mutata prospettiva” della politica estera dell’Italia, che ora sarebbe in grado di affrontare “sotto una luce nuova il tema delle migrazioni” e avrebbe “fatto miracoli nei primi 60 giorni di Governo Conte”. La deputata De Carlo, del Movimento 5 Stelle, ha collocato il decreto nell’arco dei passaggi per il rafforzamento del rapporto di cooperazione fra Italia e Libia, obiettivo perseguito anche dall’ultimo esecutivo di centrosinistra. Per i 5 Stelle si tratta, dunque, di chiudere “la tratta della morte” e rafforzare la Libia significa lavorare in questa direzione. Un percorso che, ha assicurato la deputata, proseguirà attraverso l’interlocuzione con UNHCR e OIM, oltre che nella previsione di altri strumenti d’ingresso. La cessione di unità alla Libia è dunque, hanno spiegato i 5 Stelle, “solo un tassello all’interno di un percorso complessivo”, una “misura di buonsenso che permetterà di collaborare in modo fattivo” per la salvaguardia delle vite umane.

Ricapitolando la visione della maggioranza: dare motovedette e addestramento per far sì che la GC libica sia in grado di pattugliare meglio le coste, garantendo al contempo il controllo delle partenze e una maggiore capacità di operare salvataggi in mare; rafforzare la Libia e coinvolgerla maggiormente nel controllo dei flussi per poi impostare "un progetto" più ampio di assistenza ai migranti, che coinvolga anche gli altri organismi internazionali.

Cessione di motovedette alla Libia, perché no

L’atteggiamento delle opposizioni va sostanzialmente segmentato in due. Da una parte la scelta del PD di non partecipare al voto rappresenta un cambio di prospettiva rispetto all’atteggiamento tenuto al Senato (a Palazzo Madama i dem avevano votato con la maggioranza), dall’altro la scelta più coerente di Leu e + Europa di votare contro il decreto.

Quest’ultima posizione è stata riassunta da un accorato intervento di Erasmo Palazzotto, che ha centrato i vari punti di dissenso, riprendendo in parte anche un concetto, la "non credibilità" della sedicente GC libica, espressa anche da Emma Bonino al Senato:

“Non possiamo fare finta di non sapere cosa accade in Libia e cosa subiscono le persone che vengono riportate in quell'inferno. Fornire mezzi ad una sedicente Guardia costiera significa essere corresponsabili di violazioni sistemiche dei diritti umani. […] Non assumendosi la responsabilità di governare un fenomeno storico come quello migratorio, che non si può affrontare solo con le armi della propaganda, stiamo sacrificando la nostra umanità. […] La Libia non è uno stato sovrano, i nostri interlocutori sono spesso gli stessi trafficanti di esseri umani che diciamo di voler combattere e che oggi controllano anche la Guardia Costiera Libica. Considerarlo un luogo sicuro e riportare le persone in quel Paese significa di fatto essere complici dei crimini commessi dalle autorità libiche, una responsabilità di cui il nostro Paese risponderà davanti alla storia”.

In sostanza, dunque: la Libia non è paese sicuro né un interlocutore affidabile, non può garantire né il controllo dei flussi né il salvataggio delle vite in mare; ma soprattutto, non si può essere complici di veri e propri respingimenti di migranti verso un Paese che non rispetta i diritti umani, men che meno rafforzando un corpo, la Guardia Costiera, composto da bande che collaborano con gli stessi trafficanti di uomini.

Diverso l'atteggiamento del Partito Democratico che del resto si approcciava a questo decreto condividendo la necessità di un dialogo con il governo di Tripoli e "scontando" la linea imposta da Minniti da ministro dell'Interno del governo di Paolo Gentiloni. Come ha spiegato Fassino, in effetti, con il decreto non si è fatto che applicare il memorandum firmato da Gentiloni e Serraj a febbraio del 2017. Dunque, per i democratici non poteva esserci alcuna obiezione da fare circa la consegna delle motovedette alla Libia. Quello che si rimprovera al Governo, ha detto l'ex Sindaco di Torino, "non è il testo del decreto, ma il contesto".

E di contesto ha parlato proprio Minniti in Aula, per illustrare un emendamento al testo e anticipare la scelta del PD di non partecipare al voto. Per l’ex ministro dell’Interno, il punto centrale doveva essere la questione del rispetto dei diritti umani, cui il testo del governo non fa riferimento e che invece aveva guidato, a suo dire, l'attività del precedente governo. Una serie di emendamenti del PD che andavano in questa direzione, vincolando cioè la cessione a precise garanzie in materia di diritti umani, è stata bocciata dalla maggioranza.

Per Minniti e il PD manca poi nel testo anche l'impegno per l’apertura dei corridoi umanitari, che il governo Conte de facto ostacolerebbe. Come ha poi spiegato Fassino in sede di dichiarazione di voto, resta da capire cosa farà la Guardia Costiera italiana e quale sia il piano complessivo del Governo: "Dei dieci punti con cui Conte si è presentato al Consiglio Europeo non resta nulla. Avete bloccato i corridoi umanitari, avete bloccato il coordinamento che la nostra Guardia Costiera esercitava nel Mediterraneo, delegando i salvataggi alla Guardia Costiera libica che non è in grado di farlo con tutta evidenza […] Mentre i flussi sono diminuiti, i morti sono aumentati e non c'è alcun controllo sulle condizioni nei campi profughi in Libia".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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