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Opinioni

A te che picchi persone trans e omosessuali e non conosci la bellezza della differenza

Ragazzo, ti scrivo perché io non ho mai picchiato nessuno, però riconosco la tua rabbia. La tua insoddisfazione non mi è aliena, io e te abbiamo più punti in comune di quanti mi piacerebbe ammettere pubblicamente.
A cura di Saverio Tommasi
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Le ferite delle donne trans aggredite
Le ferite delle donne trans aggredite

Ragazzo, ti scrivo perché è la cosa più importante che oggi posso fare.

Ragazzo, ti parlo al singolare perché nella figura del predicatore non mi riconosco, e se tu mi conoscessi confermeresti: non ho niente dell’asceta.
Ragazzo, ti parlo al singolare però mi rivolgo a voi, tre distinti gruppi di giovanissimi che questa settimana, in tre differenti contesti, hanno aggredito due donne e poi un uomo, e poi ancora un coetaneo, per motivi che un tribunale definirà “futili”, e io non trovo aggettivi. Mi rivolgo a voi che dell’esercizio del dominio avete fatto passatempo, però mi rivolgo a voi al singolare – chiamandovi “ragazzo” – perché vorrei parlarvi uno a uno, come fossimo amici, o almeno conoscenti. E come si fa con un amico quando si pensa che sbagli, e come hanno fatto qualche volta con me, io oggi ti parlo, ragazzo.

Uso la dizione “ragazzo” come riferimento anagrafico, più nome che aggettivo. Chiamarti così è una finestra sul futuro, significa non avere ancora chiuso a chiave la speranza. Non ti riduco alla tua età ma da quella parto, ricordando quanto sei giovane. È una dizione che in qualche modo celebra il tempo che hai per cambiare, e che il momento migliore sarebbe stato ieri, ma in alternativa oggi è l’altro momento migliore possibile.

Quante lettere dure in questa parola: "ragazzo". Ogni consonante ricorda la tua età complicata, ci sono passato, ho qualche ricordo a sprazzi. Diffida di chi dice di ricordare tutto, di chi si sente ancora un ragazzo a cinquant'anni, perché solo tu puoi conoscere il peso di una generazione nata dentro una catastrofe climatica evidente. La prima generazione più povera dei loro genitori. La prima connessa così tanto con tutto il mondo, ma la condivisione è un’altra cosa.

Ragazzo, io non conosco i tuoi genitori, se li hai, se ti hanno detto mai “ti voglio bene”, se sia colpa loro la tua risata oggi, mentre infliggi punizioni corporali a innocenti, mentre pratichi la subcultura della tortura contro la libertà delle altre persone.
Ragazzo, fatico a pensare che tu sia nato in un contesto sano. Quindici anni, per odiare così tanto, sono pochi per aver fatto tutto da solo. Questo è il campo delle supposizioni, rifletto insieme a te, dammi pure torto se credi. Da quanto tempo i tuoi genitori non conoscono i tuoi amici, o l’orario del tuo ritorno? Io non credo nella severità dell’educazione, e credo poco anche nell’educazione, se devo dirti la verità. Però credo negli esempi, nelle parole che accolgono e in certe carezze al momento giusto, cioè quasi sempre. Magari sbaglio, o forse no.

Torniamo ai fatti: hai rivolto parole sessuali a due donne trans, usandole come insulto, poi le hai accusate di essere “troppo provocanti”, poi hai chiesto loro ripetutamente “sei donna o trans?” e le hai picchiate circondandole. Leggo eravate in dieci, loro in due e quella sera volevano soltanto bere un bicchiere di vino.

Un’altra aggressione, due giorni prima, a un uomo di 57 anni. In questo caso il gancio è stato il suo presunto orientamente sessuale. Stava mangiando un panino, glielo avete strappato di mano e il primo pugno gliel’ha scagliato una ragazzina, poi lo avete circondato e picchiato in branco.

Sempre questa settimana altro episodio, altro contesto, altra vittima, solita matrice di dominio. Hai fatto inginocchiare un ragazzino della tua età, preso a sberle, costretto a baciarti la mano. Ripreso con il cellulare, diffuso il video.

Ragazzo, io non conosco le tue insegnanti a scuola. I tuoi maestri alla primaria. La prima volta in cui hai fatto il bullo io non c'ero, se quella volta qualcuno ti ha sgridato oppure ha alzato le spalle dicendo: "È solo una ragazzata, cosa vuoi che sia".
Io non c'ero la prima volta in cui hai fischiato a una ragazza per strada, o le hai urlato dietro con divertito disprezzo, aspettando la risata degli amici. In realtà non so neanche se tu lo abbia mai fatto, però ho visto le immagini del risultato del pestaggio che hai provocato contro le donne trans e l’uomo gay, perciò è probabile che tu abbia il gusto della prevaricazione esteso. Non si nasce prevaricanti, però se lo si diventa non si guarisce in fretta, bisogna riflettere sulle parole e sui sentimenti. Non è facile, ma se può esserti d’aiuto: niente è facile.

Ragazzo, io non conosco il momento esatto in cui per la prima volta ti sei sentito superiore a qualcuno, e l'attimo in cui hai iniziato a pensare che il disprezzo avrebbe dovuto accompagnare il tuo sentimento di superiorità, rendendolo fisico. Quand’è accaduto? Torturavi le chiocciole, da piccolo?

Io non so quanti sculaccioni ti abbiano dato da piccirullo, ma non penso che la soluzione alberghi lì. Anzi, io sono contrario agli sculaccioni, neanche le bestie si addestrano così.
Io non so se i tuoi genitori hanno usato gli schiaffi come punizione, ma dovessi scommettere, risponderei sì. Perché la violenza del linguaggio del corpo è la più facile da apprendere, ed è quella con cui questa settimana ti sei caratterizzato.

La buona notizia è che puoi cambiare, non sei obbligato all’esercizio della violenza per soddisfare i tuoi bisogni. Anche perché, te ne sarai già accorto, quella non funziona. Dopo, rimani quello che eri con qualche tristezza in più, e allora perché non cambiare? Guarda il cielo com’è azzurro, oggi. In queste sere la Luna è tornata piena a metà, si vedono anche le stelle se dai ai tuoi occhi il tempo di abituarsi al buio, nonostante i lampioni. Il cielo era così prima di te e resterà così quando anche tu sarai passato, non vale lo sforzo urlargli contro, non hai niente da dimostrargli.

Ragazzo, so perché ti sto scrivendo, ma non so cosa ti sto scrivendo. In questo momento sono al caldo di un vagone zeppo di ragazzi e ragazze, ce ne sono di tutti i tipi. Hanno il desiderio dentro, anche se molti a quel desiderio devono ancora dare un nome. Forse abbiamo degli interessi comuni io e loro, io e te.

Ragazzo, vorrei consigliarti un libro, hai un genere preferito?
Vorrei mostrarti un tramonto, non sarà la prima volta che ne vedi uno, ma lo hai mai guardato davvero? Quale magia, la Terra che si alza permettendo al Sole di salutarci ogni giorno, come fosse lui che se ne va, con un inchino. È la Terra che consente il saluto al Sole, per farlo riposare un po’, perché anche il Sole ha bisogno di dormire durante la notte.

Ragazzo, sono arrabbiato con te, hai buttato molto e hai ferito tanti. Però non ho voglia di urlarti, oggi poi che fa così caldo, proprio no. Non ti faccio sconti, ma non infliggo pene. Non sono né giudice né secondino, pensami come un amico che ha voglia di parlare con te senza girare intorno alle parole. Vorrei raccontarti che libertà non è aggressione, e che mordendo mostri solo le tue catene agli altri. Pensi di aver bisogno della sofferenza degli altri perché solo dal confronto dei pugni riesci a sentirti superiore. Pensa tu, quanto sei legato. Però per ogni legaccio esiste una soluzione, e per ogni nodo una dipanatura. Questa è una buona notizia, no?

Ragazzo, vorrei mostrarti le cose che piacciono a me: le tartarughe, la stand up comedy e l’Attimo fuggente. Sono sicuro avremmo dei punti in comune. Sono sicuro tu li avessi anche con le persone che hai violentato. Pensaci, siamo così simili. È più probabile l’assonanza della dissonanza.
Il colore della pelle, l’identità, l’orientamento sessuale, sono questioni importanti ma non sono differenze. Sono le nostre specificità e anche tu avrai le tue, e che nessuno si permetta di additarle, deriderle, o addirittura picchiarti per questo. Farebbe la figura di chi prende a pugni uno specchio, da quanto siamo simili in questo mondo.
La Terra è un puntino nell’Universo, tra l’altro a tempo determinato. Vale la pena accapigliarsi? Noi umani in quel puntino invisibile dell’Universo, rappresentiamo qualcosa di ancora più piccolo. Siamo meno di una cispa la mattina nell’occhio del mondo.
Ha senso per un pulviscolo arrabbiarsi con altri pulviscoli? Prenderli a pugni individuando una colpa nel loro disallineamento?

Ragazzo, vorrei mostrarti un parco nazionale a scelta tua, la redazione di un giornale a mezzogiorno e i tortelli con le patate che mi faceva mia nonna. Sono buoni anche crudi i tortelloni di patate dolci, sai? Io li rubavo dall’asse di legno con la farina sopra per non farli attaccare, li trovavo arrotolati lì la domenica mattina. Mia nonna li faceva a mano uno dopo l’altro. Sono tutti differenti i tortelli di patate, e tutti così buoni. Se avessero avuto la stessa quantità di patate dolci al loro interno, pesata al milligrammo, non sarebbero stati così gustosi. La differenza li fa ricchi, il segreto del sapore sta lì. I tortelli di patate fatti a mano sono come i fiocchi di neve, s’incastrano bene perché sono tutti diversi, come il tetris, e – avrai già capito dove voglio arrivare – come le persone. Pensaci.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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