Mancano ormai una manciata di ore all'apertura dei seggi elettorali. Alla vigilia del voto italiano, neanche a farlo apposta, è finito in calendario lo sciopero per il clima di Fridays For Future. Un appuntamento che, dalle prime manifestazioni nel segno dell'esempio di Greta Thunberg, è diventato lo specchio della crescita di una nuova generazione di attiviste e attivisti che mette al centro la questione sociale e la questione climatica.
È vero, gli scioperi per il clima che sono stati l'esordio di questa generazione di studenti e studentesse nella vita pubblica, avevano un qualcosa di naïf. Con quei cartelli fatti con i pennarelli sul cartone (che sono rimasti una costante), gli slogan che chiedevano alla politica semplicemente di fare qualcosa, d'intervenire, esprimevano tutto sommato fiducia delegando la soluzione al mondo dei "grandi". Una fiducia evidentemente mal riposta in una classe politica che, al di là di nominare un ministero in modo altisonante e dichiarazioni d'intento piuttosto vuote, in questi anni non ha messo al centro davvero la crisi climatica né la transizione energetica.
Si sa gli adulti, con insopportabile paternalismo, dipingono i "giovani" o come ingenui o come stupidi, nel migliore dei casi si arrogano il diritto di rappresentarli. Nonostante la generica richiesta di "avere un futuro", che di per sé dovrebbe bastare a suonare come un drammatico grido d'allarme, si sia sostanziata di piattaforme, programmi e un importante lavoro di divulgazione sulle questioni climatiche, nonostante il movimento esprima una leadership credibile e che studia, pragmatica e radicale allo stesso tempo, non è cambiato molto su come la politica e le istituzioni si rapportano alle ragioni delle proteste.
È interessante poi vedere come la pandemia, lungi da aver interrotto il ciclo di mobilitazione o aver portato all'esaurimento dell'esperienza di Fridays For Future, abbia invece allargato la piattaforma di mobilitazione. Alla questione climatica è stato impossibile non affiancare una riflessione sulla condizione d'isolamento e sugli effetti della pandemia, portando ad esempio a un'ampia consapevolezza dei problemi psicologici e della sofferenza psichica come un problema sociale, come sottolineato dall'ondata di occupazioni che da Roma lo scorso anno si è allargata a molte altre città coinvolgendo centinaia d'istituti superiori.
Allo stesso tempo la crisi sociale innescata dal Covid ha portato a mettere in relazione in modo indissolubile la giustizia ambientale e la giustizia sociale. Negli ultimi otto mesi tre ragazzi ancora minorenni sono morti mentre erano impegnati in attività di stage nell'alternanza scuola lavoro, morti sul lavoro che hanno provocato rabbia e sdegno. I nomi di Lorenzo, Giuseppe e Giuliano sono stati scritti su striscioni e muri, hanno riempito volantini e slogan Poi è arrivata la guerra e, ancora una volta, studenti e giovani sono stati tra i più lucidi a sottolineare il rapporto tra crisi energetica e capitalismo fossile urlando a gran voce che ogni nuova infrastruttura legata all'estrazione di gas e petrolio ci allontana dalla riconversione.
Lentamente i nuovi movimenti che coinvolgo i più giovani sedimentano e crescono. Accumulano forza, consapevolezza di sé e capacità. Hanno pochi fratelli e sorelle maggiori a cui appoggiarsi e a cui ispirarsi, in una società come quella italiana in cui il conflitto è anestetizzato da oltre un decennio. Hanno anche pochi alleati ben organizzati, vista la scarsa combattività sindacale e la debolezza della sinistra politica, ma hanno ragione da vendere e nessuna voglia di arrendersi. Per questo quale che sarà il governo che da lunedì ci consegneranno le urne dovrà fare i conti con le piazze di oggi.