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A che punto è la riforma del premierato e perché potrebbe cambiare anche la legge elettorale

La commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato un emendamento importante nella riforma del premierato: via libera a elezione diretta del presidente del Consiglio e limite di due mandati. È iniziato anche il dibattito sulla legge elettorale. Dure le opposizioni, Conte: “Con il premierato il capo dello Stato diventa un passacarte”.
A cura di Luca Pons
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La commissione Affari costituzionali del Senato continua il suo lavoro sulla riforma del premierato, fortemente voluta da Fratelli d'Italia e da Giorgia Meloni: oggi i senatori hanno approvato l'emendamento del governo che riguarda l'elezione diretta del presidente del Consiglio, un passaggio cruciale nel testo che ha visto divisioni anche nella maggioranza. Una volta completata la complessa discussione in commissione, il testo passerà all'Aula.

Trattandosi di una riforma costituzionale, i tempi saranno lunghi: la legge dovrebbe essere approvata dal Senato, poi passare alla Camera (prima in commissione e poi in Aula), e dopo una pausa di tre mesi ripetere lo stesso procedimento da capo, Senato e Camera. A quel punto, a meno che non ci sia una maggioranza di almeno i due terzi ad approvare il testo (cosa molto improbabile) ci sarebbe comunque la possibilità di un referendum per confermare o respingere la riforma.

L'emendamento approvato oggi fa sì che in Costituzione si legga: "Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l'incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi". Si stabilisce poi che le elezioni per Camera e Senato avvengono insieme a quelle per il presidente del Consiglio, e che la legge elettorale assegna "un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività".

Rispetto al testo precedente, quello che era stato approvato dal Consiglio dei ministri, è stata cancellato il premio di maggioranza che veniva assegnato automaticamente a chi avesse preso il 55% dei voti ed è stato inserito il limite dei due mandati consecutivi per il capo del governo. In più, resta al presidente della Repubblica il potere di nominare e revocare i ministri su proposta del premier, in modo molto simile a quello che avviene oggi.

Conte: "Capo dello Stato diventa passacarte", Lega: "Si può ancora migliorare testo"

Le opposizioni hanno ribadito la loro critica alla riforma. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, ha attaccato a Porta a porta: "Una riforma che ci porta in una prospettiva di avventurismo costituzionale che non esiste in nessun altro Paese. Con una proposta meno arrischiata ne avremmo potuto quantomeno discutere". Ora invece c'è un testo che "non ci porterà stabilità, ma solo maggiori poteri al presidente del Consiglio. Il risultato sarà di un totale squilibrio. Noi avremo un presidente della Repubblica che sarà un passacarte, un cerimoniere". Se l'idea era solo di creare governi più duraturi, "basta una sfiducia costruttiva".

Brando Benifei, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, ad Agorà ha commentato: "Collaborare su una riforma che di fatto smantella le garanzie fondamentali delle nostre istituzioni è impossibile". Peppe De Cristofaro, senatore di Alleanza Verdi-Sinistra, ha dichiarato che nascerebbe "un regime autoritario senza contrappesi che non avrebbe eguali nel mondo", e Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione, ha criticato le opposizioni "litigiose e divise, in competizione sanguinosa fra di loro", che non hanno "trovato il coraggio politico di elaborare una loro proposta".

Da Fratelli d'Italia non sono mancate le esultanze per il passaggio in commissione, mentre la Lega ha espresso posizioni più caute. Paolo Tosato, senatore del Carroccio che fa parte della commissione Affari costituzionali, ha assicurato ai cronisti che la Lega non vuole "allungare i tempi" della riforma. Tuttavia, ha aggiunto: "Spero che il testo approvato sia efficace per evitare una circostanza in cui si abbia la certezza dell'elezione di un presidente del Consiglio, ma senza la certezza che abbia una maggioranza di uguale segno politico per sostenerlo".

Altrimenti, ha continuato: "Io credo che ci sia margine per migliorare il testo" anche se "mi auguro che non sia necessario". Insomma, il leghista ha fatto capire che sull'articolo approvato proprio oggi potrebbero esserci ulteriori interventi da parte dei salviniani, magari quando il testo arriverà in Aula a Palazzo Madama: "Chiariamo tutto subito, o se no veramente rischiamo di allungare i tempi se ci accorgiamo che servono delle modifiche nei passaggi successivi".

Ipotesi ballottaggio per la nuova legge elettorale

Molti esponenti della maggioranza si sono espressi anche sulla riforma della legge elettorale, che dovrebbe accompagnare un cambio così radicale come il passaggio all'elezione diretta del presidente del Consiglio. La stessa ministra delle Riforme, Maria Elisabetta Casellati, ha dichiarato: "Già nella scorsa settimana si è discusso della necessità di una legge elettorale: una legge elettorale non può precedere una riforma costituzionale, perché ingabbierebbe il dibattito sulla riforma".

Fino a quando il premierato non sarà approvato, quindi, non si parlerà di legge elettorale. Tuttavia, alcuni temi sono già emersi. Ad esempio, la riforma costituzionale dice che ci deve essere "un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio". Insomma, un premio di maggioranza, per fare sì che la coalizione del presidente del Consiglio abbia anche il maggior numero di seggi in Parlamento.

Questo aprirebbe alla possibilità di un doppio turno, cioè di prevedere un ballottaggio per le elezioni nazionali. Casellati ha detto che "può essere una delle ipotesi in campo", e il presidente della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni (FdI) ha aggiunto che se non si vuole avere "un Parlamento proporzionale, che sarebbe una contraddizione" la soluzione sarebbe "stabilire una soglia minima, del 42 o 43%, che sceglierà il Parlamento", e se nessuno riesce a raggiungerla "resta solo il ballottaggio".

Lo stesso Conte si è detto favorevole: "Una legge elettorale a doppio turno sarebbe un temperamento alle storture e agli squilibri di questa riforma. Non risolverebbe i problemi ma sicuramente impedirebbe che un numero concentrato di voti che non sono reale maggioranza nel Paese possa esprimere Parlamento e presidente del Consiglio".

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