A che punto è il piano del governo sulle liste d’attesa

La riforma delle liste d'attesa, che avrebbe dovuto risolvere il problema dei lunghissimi tempi per prenotare una visita o sottoporsi a un esame, è ancora ferma. Negli scorsi giorni si sono susseguiti una serie di attacchi e rimpalli di responsabilità tra il ministro della Salute, Orazio Schillaci e le Regioni, che non sembrano intenzionate ad arretrare nei confronti del governo.
Da quando è stato varato, il decreto liste d'attesa è rimasto pressoché inattuato. A bloccare la riforma, come aveva denunciato la Fondazione Gimbe, i ritardi nell'emanazione dei decreti attuativi necessari a definire criteri e modalità di funzionamento dei diversi dispositivi messi in campo dal governo.
Di fronte alle difficoltà della riforma, Schillaci aveva scritto ai governatori, ritenuti responsabili di non aver attuato gli interventi previsti dal decreto. In Aula il ministro era tornato a dare la colpa alle Regioni, accusandole di non aver speso i fondi messi a disposizione, parlando di "fallimento del modello regionale di gestione della sanità". Dall'altra parte i governatori lamentano l'insufficienza delle risorse, la mancata riforma dei medici di base e l'assenza dei decreti attuativi per dar esecuzione al disegno sulle liste d'attesa.
Secondo quanto emerso dai dati comunicati dalle Regioni al ministero della Salute, oggi il 24% dei fondi assegnati per accorciare i tempi di viste e prestazioni non è stato utilizzato. Su un totale di 1.371.956.271 euro stanziati per il triennio 2022-2024, più di 320mila euro euro risultano non spesi o accantonati.
A questo si aggiunge il resoconto dei Nas sulla situazione negli ospedali e nei laboratori, dove uno su quattro risulta non in regola quanto a tempistiche necessarie per ottenere un esame o per essere visitati da un medico. In particolare, i Gas hanno scoperto gravi irregolarità nel 27% delle Aziende sanitarie locali, in cui le misure previste dal decreto liste d'attesa non vengono applicate. Tra queste c'è il meccanismo che dovrebbe consentire in caso di ritardi di ottenere prestazioni dal privato o in intramoenia tramite il Cup, ma che al momento risulterebbe bloccato a causa di lungaggini burocratiche. Ma ance i Cup unici regionali, o l'apertura degli ambulatori nei fine settimana, per consentire alle Regioni di smaltire più velocemente le liste d'attesa.
Intanto però, la Piattaforma nazionale sulle liste d'attesa, che sarebbe dovuta partire a metà febbraio non sarebbe ancora pienamente operativa. Nel tentativo di placare i toni, il ministro della Salute ha invitato le Regioni al dialogo e alla collaborazione. "Ho la massima disponibilità. Sono certo dell'aiuto leale da parte di tutti i governatori perché la sanità, come ripeto, non è di un partito politico. Uno sforzo comune a livello organizzativo può fare molto per migliorare l'accesso alle cure e ridurre le liste d'attesa che rappresentano uno dei problemi peggiori per i cittadini", ha dichiarato, rinnovando il richiamo ad applicare il decreto del governo. Ma mentre il braccio di ferro continua, la riforma resta al palo.