A che punto è il governo Meloni con il Pnrr e dove sono i ritardi più gravi

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (o Pnrr), l'insieme di progetti e riforme che l'Italia si è impegnata a completare in cambio di oltre 200 miliardi di euro di prestiti dall'Unione europea, è sempre più vicino alla scadenza. La conclusione degli ultimi progetti dovrà arrivare a metà 2026, manca meno di un anno e mezzo e oggi è stata diffusa la sesta relazione sullo stato di attuazione del Pnrr.
Qui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro per gli Affari europei e il Pnrr Tommaso Foti hanno rivendicato il "primato europeo dell'Italia" nella realizzazione del Piano, ma solo pochi giorni fa la Corte dei Conti aveva sottolineato che ci sono diversi ritardi, e che è concreto il rischio di non riuscire a rispettare la scadenza del 2026.
Le parole di Meloni e Foti sul Pnrr: "L'Italia è un modello"
La relazione conferma che l'Italia è "diventata un modello in Europa nell’attuazione del Pnrr", ha scritto Meloni nella premessa del testo. Il Paese finora ha ricevuto 122 miliardi di euro, il 63% del totale, e il governo ha già fatto richiesta per altri 18,3 miliardi della settima rata.
La premier ha sottolineato che l'intenzione è di "rendere l’Italia l’hub europeo di approvvigionamento e distribuzione di energia, sfruttando la straordinaria posizione geografica di ‘piattaforma’ nel Mediterraneo". Ha parlato anche di sanità, "dall'apertura delle prime Case di comunità per l’assistenza sanitaria primaria all’attivazione delle Centrali operative territoriali, passando per le apparecchiature sanitarie di ultima generazione attivate sul territorio nazionale", e dei "progetti rivolti agli anziani e alle persone più fragili".
Tra gli obiettivi legati alla settima rata c'è anche il potenziamento del trasporto pubblico locale, le 55mila borse di studio per l'università, e una serie di riforme. Ora mancato tre rate, che richiedono "il raggiungimento di altri 284 obiettivi". Il governo e le amministrazioni competenti, ha promesso Meloni, lavoreranno "con costanza e determinazione", nell'interesse "dell’Italia e degli italiani".
Il ministro Foti ha aggiunto che la cabina di regia del Pnrr ha monitorato "i progetti di più difficile attuazione", e il governo si è confrontato con le amministrazioni coinvolte e la Commissione europea per arrivare, lo scorso novembre, a una "revisione tecnica" che permettesse la "completa realizzazione degli obiettivi fissati". Oggi l'attuazione del Pnrr è "in una fase avanzata", e i suoi interventi "stanno iniziando a produrre effetti reali, positivi nella vita di cittadini e imprese", ha concluso il ministro.
I numeri sui ritardi e le difficoltà dell'Italia
Parole decisamente ottimistiche e celebrative, per entrambi gli esponenti del governo. Una certa differenza rispetto a quelle della Corte dei conti, che solo una settimana fa ha sottolineato il fatto che "permangono alcune criticità".
La "carenza di personale negli uffici di rendicontazione e controllo ha prodotto un rallentamento sulle verifiche di spesa". La piattaforma ReGiS, che serve per seguire passo passo i progetti, non viene aggiornata regolarmente dalle amministrazioni, e questo fa sì che sia difficile capire dove ci sono ritardi. In ogni caso, dalla piattaforma risulta che ben 2,4 miliardi che dovevano essere spesi tra il 2023 e il 2024 sono stati rinviati agli anni successivi.
Le difficoltà ci sarebbero soprattutto per quanto riguarda i progetti su inclusione e coesione, dove è stato speso solamente il 14% dei soldi assegnati. Per l‘istruzione si arriva solamente al 25%, per la salute al 27%. D'altra parte, il monitoraggio di Openpolis ha mostrato che alla fine dello scorso anno l'Italia aveva speso meno di un terzo delle somme previste. La strada verso il completamento del Pnrr è in salita, e l'ipotesi di prolungare le tempistiche di un anno – ventilata in ambienti di governo – sembra essersi scontrata con un ‘no' europeo.
L'Ue apre all'idea di allungare le scadenze per alcuni progetti Pnrr
Se il tempo non sarà sufficiente, comunque, l'Unione europea potrebbe fornire un altro modo per salvare alcune iniziative e evitare la bocciatura del Piano. La Commissione europea, infatti, ha affermato che entro giugno di quest'anno gli Stati potranno individuare quei progetti che "rischiano di non essere completati entro la scadenza di agosto 2026". Questi potrebbero poi essere spostati, e venire finanziati con i fondi di coesione europei. Il vantaggio sarebbe che questi fondi andranno a scadenza solo nel 2027. Dunque, potrebbe essere un modo per mantenere alcune iniziative ottenendo più tempo per completarle.