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Opinioni

Perché l’assalto alla sede del PD è un gesto folle e un errore politico

Che senso ha assaltare una sede di partito (quella sede, per giunta) nella lotta contro il Tav in Val Susa? E possibile che nessuno si renda conto di quanto sia controproducente proprio per la battaglia NoTav?
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Tanto per chiarirlo fin da subito: chi scrive pensa che il Tav sia un progetto inutile, costoso e improponibile che sarebbe decisamente sensato mettere da parte. E su questo giornale, negli ultimi mesi, abbiamo cercato di seguire proteste, manifestazioni e cortei nel modo più obiettivo possibile, raccontandovi le strumentalizzazioni, la follia della militarizzazione di una valle e i costi enormi di un'opera discutibile. Ma, con la stessa onestà, ci sono altre cose che vanno dette, a cominciare dall'episodio di ieri sera.

Perché davvero il tentato assalto alla sede storica del Pd è un gesto folle, insensato, indecente. Oltre ad essere un enorme errore politico. È follia nella misura in cui riproduce un comportamento che attiene ad una concezione fascista del confronto politico e squadrista della propaganda ideologica. Erano altri i tempi in cui si colpivano le sedi di partito, non serve nemmeno commentare oltre. È un gesto indecente anche considerato il valore simbolico dell'edificio colpito e l'assurdità nel concepire come "lotta" la cancellazione di un simbolo o la scrittura delle sigle "No Tav" nella casa di chi "la pensa diversamente" (che poi su questo ci sarebbe da discutere…). È insensato perché è servito solo a distogliere l'attenzione dalla contestazione legittima, sacrosanta, ad un vertice inutile e anche ridicolo (gioverebbe ricordare che i giornali francesi hanno dedicato al "fondamentale" incontro Hollande – Letta solo qualche trafiletto). Tra l'altro sono gli stessi NoTav, pur partendo da altre considerazione e arrivando ad altre conclusioni a sottolinearlo: "Cariche e manganelli come al solito e poi tutto oggi si riduce ad “assalto alla sede del Pd”, che tradotto per noi comuni mortali significa “danneggiata l’insegna della sede del Pd”. Perché lo sappiamo, come per “La Tav è prioritaria”, ‘”l’assalto alla sede del Pd” è un buon titolo che merita il cazziatone di Mentana in diretta e fa sembrare Cuperlo un uomo di sinistra vivo e vegeto".

Insomma, ancora una volta qualche genio ha agito come utile idiota del sistema. Ha regalato argomenti ai No Tav, contribuito a rinsaldare il legame fra gli elettori del Pd (che attraversa uno dei punti più bassi della sua storia, con l'umiliazione delle larghe intese e la farsa del caso Cancellieri), riabilitato agli occhi di molti militanti i vecchi dirigenti di partito che ormai non sanno nemmeno cosa sia una piazza, fornito un alibi a chi ritiene che la risposta ad un movimento del genere non possa che essere delegata all'ordine pubblico, regalato a giornalisti e commentatori (non ci escludiamo) una occasione per discutere sulla "deriva populista" dei movimenti antagonisti. Una cazzata, insomma. Che letta nel segno del "cui prodest" diventa una enorme cazzata.

E peggio è il trionfalismo degli ultra da social network. Quelli per i quali l'aver piazzato una bandiera e due scritte su un muro rappresenta un "colpo al sistema e ai partiti complici", quelli per i quali la "vera violenza è quella dello stato affamatore" e via discorrendo. Perché sfuggono alcune "piccole sfumature". La prima, banalissima, è che secondo elementari logiche di diritto "il monopolio della forza appartiene allo Stato" e questo non è concetto negoziabile. La seconda attiene la libertà d'espressione, che è concetto troppo nobile e degno per essere messo in discussione dagli antagonisti di professione: e il sacrosanto diritto di opporsi al Tav non cancella l'altrettanto sacrosanto diritto di difendere posizioni diverse. Poi c'è il discorso del consenso, che è sottovalutato da sempre in determinati ambienti, per pregiudizio ideologico e  incapacità di analisi. Perché non ha senso appellarsi ad un generico "volere dei cittadini" se non si lavora in direzione dell'ampliamento del consenso. Si trattava, ma questo i leader No Tav lo sanno benissimo, di ampliare il fronte del dissenso al progetto, di convincere l'opinione pubblica delle proprie ragioni, di occupare gli spazi e rilanciare messaggi. Si tratta di praticare il confronto, non creare altre barriere. Anche di fronte alla chiusura di istituzioni e partiti. Sempre che si abbia ben chiaro l'obiettivo (bloccare il Tav) e non si intenda semplicemente scavare un solco ed ideologizzare la questione. È questo è legittimo sospetto.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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