Perché festeggiamo il Capodanno il primo gennaio? Grazie ai romani
Il giorno di Capodanno ha un forte valore simbolico in tutte le culture del mondo: come inizio di un nuovo ciclo naturale, principio di cambiamento e rinascita, occasione di rinnovamento e speranza. Per i paesi che seguono il calendario gregoriano questo momento si avvicina, e il 1 gennaio sarà come sempre occasione di festeggiamenti e rituali scaramantici davvero particolari: ma perché festeggiamo il Capodanno in questa data? La risposta ce la danno i romani e gli antichi rituali in onore del dio Giano: anche se la decisione di iniziare l’anno in questa data non fu affatto presa per motivi religiosi o spirituali, bensì a causa di una guerra.
Il capodanno romano: da marzo a gennaio
Anche per tutti i popoli del passato l’inizio di un nuovo anno era simbolo di rinascita e rinnovamento: profondamente legati alla terra e al ciclo vitale delle stagioni, gli antichi riconoscevano un significato sacro ai concetti di “fine” e di “inizio”. Così era anche per le popolazioni italiche, che vedevano nel dio Marte non solo il simbolo della forza guerresca ma anche di quella naturale, il dio difensore della terra dalle calamità naturali e soprannaturali: fu questa la tradizione che fino almeno al II secolo a. C. anche i romani mantennero, assegnando al mese a lui dedicato, marzo, il compito di aprire ogni nuovo anno.
E furono sempre i romani, ma questa volta per ragioni di “stato” e niente affatto sacre, a stabilire, ad un certo punto della loro storia, che l’anno dovesse iniziare il primo giorno di gennaio. Molte testimonianze di diversi storici antichi, da Varrone a Fulvio, sono in disaccordo su quando effettivamente tale usanza entrò in vigore: la versione più accreditata e famosa è quella che vuole che sia stato Giulio Cesare, con l’introduzione del calendario giuliano, a stabilire un nuovo ordine per il tempo che passava. In realtà, l’origine del primo capodanno della storia è più antica, ed è legata ad un personaggio oggi sconosciuto ma che fu fondamentale nella storia di Roma.
Fulvio Nobiliore e il “primo” Capodanno
Siamo nel 153 a. C., e nelle province della Spagna è in atto una violenta ribellione che rischia di minare la forza e il potere di Roma: come ogni anno, nel mese di dicembre, erano stati nominati i nuovi consoli che avrebbero presieduto la Repubblica, e uno di loro si chiamava Quinto Fulvio Nobiliore. Fu lui a chiedere il permesso al senato, in via del tutto eccezionale, di insediarsi tre mesi prima del previsto quale nuovo magistrato civile e militare, proprio i primi giorni di gennaio: solitamente, infatti, le celebrazioni del nuovo anno a marzo coincidevano anche con la nomina ufficiale dei nuovi consoli. L’eccezione divenne regola, poi, con Giulio Cesare, circa un secolo dopo: fu così che i romani iniziarono a rivolgere le loro preghiere non più a Marte ma a Giano, divinità dal misterioso “doppio volto”.
Giano, il dio “dell’inizio e della fine”
Si tratta di una delle divinità più antiche, venerata anche dai popoli italici, e affascinanti del pantheon romano: una figura che racchiudeva in sé il significato più profondo dell’universo e dell’esistenza umana, ovvero quello che tutto va e ritorna sempre, “partendo da se stesso e a se stesso ritornando”.
Nell'affascinante mondo ricco di simboli e leggende dei romani il mese di gennaio era quello dedicato al dio Giano: Ianuarius era il periodo dell’anno in cui si celebrava la forza misteriosa e primigenia della divinità “bifronte”, raffigurata così proprio per la sua peculiarità di essere una figura di passaggio fra il passato e il futuro, l’inizio e la fine, il prima e il dopo. Una figura che per molto tempo ha simboleggiato il ciclico ritorno delle stagioni e delle epoche e che è presente ancora oggi, nello spirito che contraddistingue l’universo di rituali legati al capodanno.