Ennesima giornata di passione per il listino azionario e per il mercato obbligazionario italiano: se a Piazza Affari a fine seduta l’indice Ftse Mib cala in area 12.979,69 (-0,70%), l’Ftse Italia All-Share ridiscende a quota 13.957,35 (-0,64%) e l’Ftse Italia Star cade a 9.864,42 punti (-1,58%), il Btp decennale guida vede il rendimento sale al 6,166% (13,4 punti base più di ieri) testimoniando il nervosismo degli investitori al pari dello spread sul Bund, che tocca il 4,75% (2 punti base di rialzo) dopo però essere arrivato sino al 4,90% nella prima parte della giornata.
Conferme del fatto che il nervosismo tra gli investitori è tutt’altro che rientrato al termine di una giornata che pure ha visto sia gli analisti di Fitch sia di Standard&Poor’s ribadire che esiste una differenza (in positivo) tra le banche italiane e quelle spagnole e dunque non pare probabile che l'Italia debba a sua volta chiedere aiuto come ha appena fatto Madrid, dato che gli istituti tricolori appaiono meno esposti al mercato immobiliare di quelli iberici e semmai soffrono di problemi legati all’aumentato costo della raccolta e alla crescita dei prestiti in sofferenza, entrambi effetti di variabili esogene quali la crisi dei mercati del credito e il protrarsi della recessione.
In realtà si dovrebbe ricordare che anche gli istituti italiani, fin troppo ricchi di poltrone e relativi occupanti di estrazione “politica” (basti pensare al caso del Monte dei Paschi di Siena e al peso che sulla guida di tale istituto, tuttora in affanno a Piazza Affari a causa della richiesta dell’Eba di aumentare entro fine mese di 3,26 miliardi di euro i buffer di capitale, cifra per centrare la quale Mps dovrà trovare 1-1,2 miliardi in meno di venti giorni tra dismissioni ed emissione di bond convertibili), si trovavano in una situazione analoga a quella in cui versano le banche spagnole alcuni anni or sono, ma sono poi (fortunatamente) stati sufficientemente proattivi da affrontare senza troppe esitazioni ristrutturazioni “importanti” come quelle di Risanamento, gruppo Coppola o Beni Stabili solo per citare qualche nome.
Ultima grande operazione di ristrutturazione ancora “in cantiere” è al momento quella del gruppo Ligresti, di cui però la parte più direttamente legata al business immobiliare (attraverso il progetto CityLife) è già stata affrontata alcuni mesi fa, mentre ora resta da definire il “salvataggio” di Fondiaria-Sai, che logica vorrebbe andasse al miglior offerente ma alla fine andrà ad Unipol, che offre di meno ma garantisce di più i creditori (Mediobanca e UniCredit in testa), finendo ancora una volta col tutelare gli obbligazionisti rispetto agli azionisti.
Per superare definitivamente la crisi, secondo gli analisti del Credit Suisse, occorre tuttavia maggior coraggio, in particolare da parte delle autorità politiche europee, che dovrebbero passare dalla situazione attuale ad un nuovo equilibrio. Finora abbiamo visto un primo salvataggio della Grecia (con una costosa sforbiciata al suo debito pubblico), il lancio del fondo salva stati temporaneo Efsf e il varo di misure “non convenzionali” da parte della Bce (come le due Ltro con cui sono stati forniti mille miliardi a tre anni all’1% alle maggiori banche europee), in parallelo ad un rinnovato Patto di stabilità, ad un patto “euro plus” e ad un Fiscal compact fortemente voluto dalla Germania e tuttora in via di ratifica da parte dei singoli stati europei (il processo dovrebbe completarsi entro gli inizi di luglio ma non sono da escludere rinvii).
In futuro, secondo gli esperti, dovremmo arrivare ad avere una Bce pienamente trasformata in un “prestatore di ultima istanza”, il lancio degli eurobond in qualsivoglia forma e un’unione bancaria, mentre sul fronte del rigore sarà invece necessario arrivare a un maggiore coordinamento politico che conduca a una vera e propria unione fiscale, ossia politica. Quella stessa unione fiscale che la Bundesbank ritiene indispensabile dato che “in un’unione bancaria la crisi di un sistema bancario nazionale può comportare l’utilizzo di denaro di contribuenti di altri paesi”, per cui “chi paga il conto deve avere un diritto di controllo, in particolare quando si tratta di grandi somme che si vedono in crisi bancarie”.
Il ragionamento non fa una piega, ma la soluzione “coraggiosa” alla crisi richiederebbe a mio modo di vedere anche maggior coraggio privato oltre che pubblico, dato che un eccessivo rigore o peggio la rinuncia ad intraprendere rischierebbe di far avvitare la crisi come nel 1929 negli Stati Uniti. Guardiamo allora a cosa ha deciso Warren Buffett, gestore multimiliardario americano che attraverso la holding Berkshire Hathaway è l’azionista di controllo di un gruppo presente con oltre 70 aziende in settori tra i più disparati, dall’assicurativo ai trasporti.
Buffett, attraverso al controllata NetJet, principale operatore al mondo nel settore dell’aviazione privata con una flotta di quasi 800 jet, 130 dei quali volano ogni giorno nei cieli d’Europa, ha appena annunciato un maxi ordine da 9,6 miliardi di dollari “a prezzi di listino” per assicurarsi, a partire dal 2014-2016, altri 425 jet da Bombardier e Cessna. Muovendosi oggi Buffett non solo riuscirà a strappare un forte sconto ai due produttori (che devono procurarsi nuovi ordini per tenere aperte le linee di montaggio in una fase in cui le incertezze economiche spingono molte società a rinviare nuovi acquisti o cancellare ordini già siglati), ma lancia un segnale forte ai mercati: scommette su una ripresa a medio termine, da qui a 2-4 anni al massimo.
Senza voler negare l’importanza di una gestione rigorosa e di un taglio della spesa pubblica che consenta di far scendere una pressione fiscale che in Italia è il primo fattore disincentivante dell’imprenditoria privata (gli altri essendo la diffusa corruttela, lo scarso rispetto delle leggi e la tendenza ancora attuale a insistere a voler finanziare infrastrutture a base di cemento più che di fibra ottica o innovazione), basterebbe trovare un imprenditore italiano in grado di imitare Warren Buffett per ottenere sulla crescita effetti doppi rispetto alla “spending review” con la quale il governo Monti cerca di impressionare positivamente i mercati. O no?