Pensioni precarie, il futuro che non c’è – verso la manifestazione del 15 ottobre
Precariato, pensioni, Inps e contratti di lavoro atipici. Un’intera generazione rischia di rimanere senza copertura previdenziale alla fine del proprio travagliato percorso lavorativo e gli indignati protestano in vista della manifestazione del 15 ottobre a Roma. "Se mostrassimo la proiezione dei rendimenti pensionistici ai lavoratori parasubordinati ci sarebbe un sommovimento sociale" questa la dichiarazione del presidente dell’Inps – Istituto Nazionale Previdenza Sociale – Antonio Mastrapasqua, in un convegno tra Ania e Consumatori del 5 ottobre 2010. Un drappello di indignados napoletani, precari e operatori sociali ha protestato oggi davanti alla sede partenopea dell’istituto di previdenza contro un Welfare che sta gradualmente scomparendo.
La pensione che non c'è, verso il 15 ottobre
Precari, operatori sociali e cittadini protestano all'Inps contro la negazione del diritto alla pensione per migliaia di lavoratori atipici
Le parole del presidente Mastrapasqua sono indicative della drammatica situazione in cui versano i lavoratori parasubordinati e precari. Il sistema di previdenza sociale novecentesco prevedeva che il lavoratore versasse durante l’arco della propria carriera lavorativa una somma di denaro che veniva accantonata e restituita in vecchiaia, rivalutata di un coefficiente percentuale tale da coprire l’inflazione e l’aumento del costo della vita.
Oggi, i lavoratori precari italiani versano una percentuale dei propri bassi introiti lordi che varia tra il 15% e il 26% nella cassa di Gestione Separata dell’INPS. L’agognato traguardo della pensione, che è calcolata in base ai contributi versati, viene ostacolato da un percorso lavorativo discontinuo e pieno di interruzioni. I contratti di lavoro atipici, a progetto e co.co.pro spesso non permettono di raggiungere i 35 anni di contribuzione necessari ad accedere alla pensione.
Se chi oggi non riesce a versare contributi previdenziali sufficienti potesse, attraverso il portale web dell’Inps, avere la proiezione del proprio rendimento pensionistico a fine della propria vita lavorativa, si troverebbe davanti a dati sconcertanti. Si tratta di pensioni che non raggiungono la soglia dei 400€ mensili, ovvero quelli della pensione sociale prevista che le fasce di popolazione considerate povere e che grava pesantemente sui bilanci dello Stato.
I dati presentati degli indignati napoletani davanti a un’Inps stracolma, dove si registrano lunghe code che durano ore per la mancanza di informatizzazione dei servizi erogati, parlano dei primi 200 mila lavoratori precari che sono andati in pensione, avendo maturato il diritto ad accedere ad appena 120€ mensili.
Una situazione paradossale, se si pensa che l’Inps ha presentato per il 2009 un bilancio in attivo di 8 miliardi di euro, con stime di costante crescita per gli anni futuri. Una situazione ancora più paradossale se si pensa che il presidente di Banca Italia e futuro presidente della BCE, Mario Draghi, è un cosiddetto “pensionato d’oro” che percepisce ogni mese 14.843,56€ lordi dal 2006 (quando aveva soltanto 59 anni, mentre per i lavoratori dipendenti si arriva a 65 anni). Altri iper-garantiti sono i parlamentari, che fino alla scorsa legislatura maturavano il diritto alla pensione dopo appena due anni e mezzo in Parlamento. Con le nuove norme, si è innalzata la soglia a cinque anni, un intero mandato. I costi della Casta di Montecitorio arrivano a oltre un miliardo di euro all'anno.
Distanze siderali rispetto al Welfare previsto in altri sistemi pensionistici, come quelli nord europei. In Italia la precarietà non è mai stata sinonimo di flessibilità nel mondo del lavoro, tanto che non esistono ammortizzatori sociali come il sussidio di disoccupazione che permette a chi perde il lavoro di sopravvivere fino al nuovo contratto, che spesso arriva dopo meno di un mese, e che permette di investire sulla formazione professionalizzante. Ma quello che spaventa di più, è che i precari non hanno accesso nemmeno alle più elementari tutele sociali quali le ferie pagate oppure il diritto al permesso di maternità.
Lo spettro sollevato dai manifestanti è che, anche nel campo pensionistico, ci sia il sistematico tentativo delle istituzioni di passare da un sistema pubblico a uno privato, gestito con i criteri del profitto personale e non del benessere sociale. Istruzione, sanità e previdenza saranno in mano a società per azioni e fuori da qualsiasi regola che non sia quella del mercato e, come capitato in numerose parti del mondo, esposti al rischio di fallimento. Non sono pochi i fondi pensione privati che hanno dimezzato o azzerato il proprio valore negli ultimi anni, trascinando nella miseria i risparmi di una intera vita lavorativa di milioni di persone. Anche per questo, il 15 ottobre, saranno tutti in piazza a manifestare.