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Pensioni, Luigi Marattin (Pd): “Lega ha bloccato aumento, proprio come fece la Fornero”

Il blocco dell’aumento delle pensioni previsto dal governo per il 2019 arriverà solo a giugno, secondo l’accusa del Pd. E i pensionati dovranno restituire successivamente i soldi in più presi da gennaio. Luigi Marattin, deputato del Pd, in un’intervista a Fanpage.it, spiega: “È proprio la misura su cui la Fornero si mise a piangere. L’Ironia è che la Lega ha pubblicato le foto di lei piangente, attaccando quella misura, e ora ha rifatto la stessa cosa, il blocco delle indicizzazioni”.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’aumento delle pensioni nel 2019 è stato bloccato con la legge di Bilancio. Si tratta della mancata indicizzazione prevista (anche) per finanziare la quota 100. La novità è che il mancato aumento arriverà a partire da giugno, come accusa il Pd. Il che vorrà dire restituire successivamente i soldi in più ricevuti nei primi mesi. E, ironia della sorte, la mancata indicizzazione delle pensioni – un mancato aumento dell’1,1% – del governo a guida Lega ricalca esattamente quanto fatto da Elsa Fornero, quando nel 2011 si mise a piangere, in conferenza stampa, proprio per la stessa decisione. A sottolinearlo, in un’intervista a Fanpage.it, è il deputato dem Luigi Marattin: “Il meccanismo non è un taglio se non sopra una certa cifra”, precisa subito. Ma sottolinea: “È un mancato aumento, proprio la misura su cui la Fornero si mise a piangere. L’Ironia è che la Lega ha pubblicato le foto di lei piangente, attaccando quella misura, e ora ha rifatto la stessa cosa, il blocco delle indicizzazioni. Questa è incoerenza”.

Per quanto riguarda le pensioni degli italiani, nessuno avrà “soldi in meno rispetto al 2018, ma è una misura che va sul conto del governo per l’incoerenza”, ribadisce Marattin. A livello pratico, è lo stesso deputato del Pd a spiegare che “c’è discrezionalità” sulla data di introduzione del blocco nel 2019. “Ma i conti, a fine anno, devono tornare. Se arriverà a giugno, allora ci sarà poi da trattenere successivamente. Il che vorrebbe dire che ci sarà una riduzione rispetto al 2018” negli ultimi mesi dell’anno, per recuperare il mancato blocco dei mesi precedenti. Politicamente il punto è un altro, secondo Marattin: “Sembra che il mondo finisca il 27 maggio, sembra che tutto finisca con le elezioni europee, l’olocausto nucleare. Non è indice di serietà”.

Stesso discorso vale per la Tav, con decisione definitiva da rinviare a dopo le europee. Così come, al contrario, per l’intesa con le Regioni sui navigator, arrivata in tempi brevi “per far partire subito il reddito di cittadinanza, prima delle elezioni: così ogni navigator si dovrà occupare di 300 disoccupati, segno che si vuole partire subito”. Il giudizio del Pd sulla quota 100, nonostante l’alto numero di domande arrivate, rimane “negativo” perché si tratta di un “pre-pensionamento: non stupisce la buona adesione perché si tratta di una finestra di tre anni. E si sta creando un mega scalone: chi avrà i requisiti il 31 dicembre 2021 potrà andare in pensione a 62 anni. Chi il giorno dopo dovrà aspettare i 67”.

Punto critico della quota 100 è che comunque la “legge Fornero rimane inalterata”, al di là degli annunci: “La finestra è ingiusta perché sarebbe giusto mantenerla solo per i lavori gravosi e usuranti. Darla a tutti i lavoratori è ingiusto in un sistema come il nostro, gravato per l’accumulo di un grosso debito causato dalle baby pensioni”. Infine, il decretone in discussione alla Camera su reddito di cittadinanza e quota 100. “Sulla misura rimaniamo contrari, se si voleva intervenire contro la povertà si potevano mettere più soldi sul Rei, anche cambiandogli il nome”, spiega Marattin riferendosi al reddito di cittadinanza. E concludendo aggiunge: “È sbagliato l’impianto, non si può usare un solo strumento per quattro cose diverse. Inoltre la misura la accoglie l’Inps, la eroga Poste e poi spetta gestirla ai centri per l’impiego. Le misure funzionano se vengono fatte e controllate dalla stessa amministrazione”.

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