Pensioni, con quota 100 medici in fuga: come cambia il sistema sanitario
Favorire la pensione anticipata di chi ha raggiunto i 62 anni d'età e i 38 di contributi versati, i nuovi criteri per lasciare il mondo del lavoro, facendo in tal modo spazio ai giovani che vi si affacciano. Questo lo scopo di quota 100, la riforma introdotta dal governo con la legge di Bilancio. Proprio il raggiungimento dell’obiettivo, però, potrebbe creare seri scompensi nel servizio sanitario nazionale (Ssn), dove le file di medici ed infermieri rischiano di essere dimezzate.
Il Quotidiano Sanità ha elaborato dei dati riguardanti tutto il personale sanitario, ad esclusione del settore amministrativo, stimando che ci potrebbero essere circa 40mila camici bianchi pronti al pensionamento sulla base del nuovo meccanismo. Si tratterebbe del 7,72% degli operatori del Servizio sanitario nazionale. La vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera, Michela Rostan, e il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro, hanno commentato i dati chiedendo al ministro della Salute, Giulia Grillo, di convocare un tavolo tecnico per far fronte all’urgenza. I deputati hanno sottolineato le “ripercussioni gravissime sull’assistenza dei cittadini italiani” che si presenterebbero con il ritiro alla pensione delle migliaia di unità stimate. Fra queste ci sarebbero 4.500 medici, 22.300 infermieri, 9mila tecnici di laboratorio, 2mila operatori nella riabilitazione, 1.300 responsabili alla vigilanza, 1.200 dirigenti sanitari e più di 300 veterinari. I dati riguardano le possibili richieste di pensionamento per chi ha raggiunto i requisiti entro il 2018.
In fuga da una professione
Un articolo pubblicato lo scorso anno dal sito dell’Enpam (l'ente di previdenza dei medici) intitolato “Quota 100, medici tentati dall’esodo di massa”, aveva preannunciato una fuga in larga scala con l’introduzione della riforma. I motivi erano stati rintracciati in un malessere generale che aveva pervaso la categoria, dovuto ad una sempre minore considerazione del ruolo professionale da parte dell’opinione pubblica, accompagnata però da responsabilità in continua crescita. L’articolo faceva poi riferimento ad una “maggiore burocratizzazione delle funzioni, con inevitabile scontento professionale” e all’età media che ha ormai superato i 55 anni, in un ambiente che resta però faticoso, specialmente per quanto riguarda i lunghi turni.
Il Sole 24 Ore precisa che per quanto riguarda il triennio 2019-2021 il totale dei medici che uscirebbe dal mondo del lavoro, tra legge Fornero e quota 100, arriverebbe in realtà a 25mila professionisti. Entro il 2025, procedendo secondo le stime, si parlerebbe di più di 52.000 specialisti, ossia il 50% di quelli attualmente impiegati. Già ad oggi si registra una mancanza di 10mila specialisti, un gap che riguarda in particolare alcuni settori strategici e che è destinato a diventare più profondo entro il 2025. Se non si implementano le misure necessarie si prevede una carenza di 4.189 medici nei reparti di emergenza, 3.323 nella pediatria, 1.828 nella medicina interna e 1.395 nel settore dell’anestesia.
La mancanza di connessione fra mondo accademico e lavorativo
“I numeri parlano chiaro”, hanno detto i deputati di LeU: “Ci potremmo trovare all’improvviso con il 25% in meno dei medici e con il 30% in meno degli infermieri”. Quello che è stato definito dai parlamentari come “un esodo insostenibile per il nostro paese” si scontra con quelle che sono le problematiche del turnover, il ricambio della forza-lavoro. Il presidente della Federazioni Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, ha denunciato la presenza di 15mila giovani medici “intrappolati nell’imbuto formativo”. Le figure necessarie per sostituire chi ha diritto alla pensione, quindi, non mancherebbero, ma sarebbero bloccate nelle scuole di specializzazione, attendendo per anni in un “limbo fatto di inoccupazione, sottoccupazione, disoccupazione”.
Ogni anno il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) mette al bando 6.934 posti per l’accesso alle scuole di specialità, ma i laureati sarebbero più del doppio. Il contratto di governo stipulato da Movimento 5 Stelle e Lega inizialmente aveva incluso un dossier secondo il quale “i posti per la formazione specialistica dei medici dovrebbero essere determinati dalle reali necessità assistenziali”. Tuttavia, a questo proposito non è poi corrisposta, almeno per il momento, un’azione sulle nuove assunzioni che doveva essere inclusa nel Decreto Semplificazioni.