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Partecipò alla “macelleria messicana” del G8 di Genova: promosso ai vertici dell’antimafia

Dopo essere stato condannato per i fatti del G8 di Genova Gilberto Caldarozzi è stato promosso ai vertici della DIA, la direzione investigativa antimafia.
A cura di Davide Falcioni
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Ha preso parte alla "macelleria messicana" del G8 di Genova con indosso una divisa della polizia, partecipando attivamente a una delle pagine più vergognose della storia italiana e per questo condannato a tre anni e 8 mesi per falso, cioè per aver partecipato alla costruzione di false prove finalizzate ad accusare ingiustamente chi venne pestato senza pietà da agenti rimasti impuniti.  Nonostante un "curriculum" del genere Gilberto Caldarozzi è stato nominato alcune settimane fa dal Ministro degli Interni Marco Minniti Vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia, cioè il fiore all’occhiello delle forze investigative italiane, la struttura alla quale è affidata la lotta alla criminalità organizzata nel nostro paese.

Ad accorgersi della promozione è stato nei giorni scorsi il Comitato Verità e Giustizia per Genova, un gruppo formato da ex arrestati della Diaz e di Bolzaneto e dai loro famigliari. “Molti dei ragazzi tedeschi, vittime della polizia nel luglio 2001 – racconta a Repubblica un membro del Comitato – spiegano di avere provato paura quando, ritornati in Italia per i processi o per le vacanze, hanno incontrato agenti in divisa. Mi chiedo come si possa dire a queste persone che l’Italia è cambiata se uno dei massimi dirigenti del nostro apparato di sicurezza è oggi proprio colui che ieri fece di tutto per accusarli ingiustamente e coprì gli autori materiali dei pestaggi e delle torture”.

Se per l'Italia Caldarozzi è uno degli investigatori di punta della polizia, per la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è invece uno dei responsabili degli abusi della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, oltre che dei successivi comportamenti degli apparati di Stato, che sono valsi al nostro paese due condanne per violazione alle norme sulla tortura. Scrissero i giudici della Cassazione per Caldarozzi e gli altri condannati: “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Non proprio un attestato da inserire nel proprio curriculum.

Ma come mai Caldarozzi ha potuto fare carriera? A luglio 2017 sono scaduti i cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e i dirigenti condannati per la Diaz che non erano andati in pensione sono rientrati in polizia. Di lui Enrico Zucca, pubblico ministero del processo Diaz, scrisse in un contributo pubblicato  sul sito Questione Giustizia di Magistratura Democratica: “L’ultimo dei rientri, che si fa fatica a conciliare con quanto espresso nei confronti del condannato in sede di giudizio di Cassazione, è quello che riguarda l’attuale vice-capo della Dia, che vanta così nel suo curriculum il  “trascurabile”  episodio  della  scuola  Diaz”. Insomma, la notizia ha suscitato non poco scalpore persino in magistratura. Ma per il Ministro degli Interni, evidentemente, il profilo di Caldarozzi è perfettamente compatibile con quello di un uomo di stato.

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