Parla il boss dei casalesi Iovine: “Non c’è solo la camorra, soldi per tutti”
Dopo il terremoto all'interno dei clan dei Casalesi provocato dalle confessioni ai pm del boss Antonio Iovine, altri esponenti di spicco del clan camorristico sarebbero pronti collaborare con la giustizia e a rivelare affari e delitti compiuti dall'organizzazione criminale negli ultimi anni. Tra di questi anche Giuseppe Setola, il capo dell’ala stragista dei casalesi a capo della banda della tristemente famosa strage di Castel Volturno dove furono uccisi sei immigrati africani, vittime innocenti. Dopo la sua richiesta di collaborazione Setola incontrerà oggi nel carcere milanese di Opera, dove è detenuto, i magistrati di Napoli Giovanni Conzo e Cesare Sirignano. I due pm dell’antimafia partenopea dovranno valutare le intenzioni di Setola e stabilire se possa entrare nel programma dei collaboratori di giustizia.
Antonio Iovine pentito
"La camorra non è la sola responsabile" – Intanto dal processo che si sta celebrando al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di imprenditori ed ex pubblici amministratori legati al clan di Antonio Iovine, si scopre che proseguono gli interrogatori dell'ormai ex boss che ha deciso di collaborare con i giudici. "So benissimo di quali delitti mi sono macchiato, ma sto spiegando il funzionamento di un sistema dove la camorra non è la sola responsabile" avrebbe spiegato Iovine nelle dichiarazioni verbalizzate dai magistrati del pool anticamorra Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, facendo intendere di poter rivelare fatti che vanno ben oltre le mere attività criminali.
"C'erano soldi per tutti, in un sistema che era completamente corrotto, in questo ambito si deve considerare anche la parte politica ed i sindaci dei comuni che avevano interesse a favorire essi stessi alcuni imprenditori in rapporto con il clan per aver vantaggi durante le campagne elettorali, in termini di voti e finanziamenti" ha dichiarato infatti Iovine in un verbale depositato al processo in corso a Santa Maria Capua Vetere. "Devo specificare che non aveva alcuna differenza il colore politico del sindaco perché il sistema era operante allo stesso modo" ha tenuto a sottolineare il boss, spiegando: "Generalmente io ero del tutto indifferente rispetto a chi si candidava a sindaco nel senso che chiunque avesse vinto automaticamente sarebbe entrato a far parte di questo sistema da noi gestito".