Papa Francesco è a Sarajevo: “Mai più guerra”
L'aereo con a bordo Papa Francesco è atterrato intorno alle 9 di questa mattina all'aeroporto internazionale di Sarajevo. Inizia così la visita apostolica del pontefice nella capitale bosniaca. Ad accoglierlo Bergoglio ha trovato in rappresentanza della presidenza il cattolico Dragan Covic e per l'episcopato il cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo e presidente della Conferenza Episcopale bosniaca. “Sarajevo è chiamata la Gerusalemme d'occidente: è una città di culture religiose etniche tanto diverse, una città che ha sofferto tanto nella storia ed è in un bel cammino di pace. È per parlare di questo che faccio questo viaggio, come segno di pace e preghiera di pace”: queste le parole di Papa Francesco durante il volo che lo ha condotto nella capitale bosniaca. Previste grandi misure di sicurezza per il Papa: durante la cerimonia di benvenuto nello scalo internazionale, elicotteri militari hanno costantemente sorvolato l'area.
Il viaggio del Papa a Sarajevo – La visita di papa Francesco in Bosnia-Erzegovina è il terzo viaggio apostolico in questa terra nel corso degli ultimi diciotto anni. Prima di Bergoglio Giovanni Paolo II ha visitato Sarajevo il 12-13 aprile 1997 ed è tornato in Bosnia-Erzegovina nel 2003 per la beatificazione di Ivan Merz. Tra gli eventi della giornata, l'incontro con le Autorità nel Palazzo Presidenziale; quindi la messa nello stadio della capitale. Nel pomeriggio Papa Francesco celebrerà i vespri con il clero nella cattedrale del Sacro Cuore che venne danneggiata durante la guerra. Poi è previsto l'incontro ecumenico-interreligioso presso il centro studentesco internazionale francescano. Il Pontefice inoltre si dedicherà ai giovani riuniti presso il centro diocesano i via di costruzione “San Giovanni Paolo II”. Per le 20 è prevista la ripartenza dall’aeroporto della capitale bosniaca per il ritorno a Roma previsto per le 21,20.
Scambio di messaggi tra Papa Francesco e Mattarella – “Nel momento in cui mi accingo a compiere il mio viaggio apostolico in Bosnia ed Erzegovina, per favorire l’incontro e il dialogo tra culture e religioni diverse, per rafforzare il cammino dell' unità dei cristiani e per confermare la comunità cattolica nella fede, mi è caro rivolgere a lei, signor presidente, e alla nazione italiana, il mio cordiale saluto, che accompagno con fervidi auspici di progresso spirituale, civile e sociale”, questo il testo del telegramma inviato dal papa al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, prima della sua partenza. “L'Italia e L'Europa guardano con particolare attenzione alla sua missione nella certezza che la sua presenza in Bosnia-Erzegovina recherà un importante messaggio di pace e riconciliazione per tutta la regione balcanica, impegnata in un complesso cammino per superare le dolorose ferite di un passato ancora vivo nella memoria di molti”, è quanto ha detto invece lo stesso Mattarella rivolgendosi a Bergoglio. “Santità – ha scritto il Capo dello Stato – desidero farle pervenire il mio più sincero ringraziamento per il messaggio che ha voluto cortesemente indirizzarmi nel momento in cui si accinge a partire per il viaggio apostolico in Bosnia-Erzegovina. Mi è gradita l'occasione per rinnovarle i sensi della mia profonda stima e considerazione”.
La messa di Papa Francesco a Sarajevo – “Mai più la guerra!”: questo il grido di Papa Francesco durante la messa allo stadio Kosevo di Sarajevo. “Sono venuto come pellegrino di pace e di dialogo”, ha detto Bergoglio al sua arrivo a Sarajevo. “La guerra – ha detto – significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa soprattutto tante vite spezzate”. “Voi lo sapete bene, per averlo sperimentato proprio qui – ha aggiunto -: quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore!”. Parlando di “clima di guerra”, Papa Francesco ha detto che oggi “c'è chi vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”. “Non una giustizia declamata, teorizzata, pianificata – ha aggiunto – ma la giustizia praticata, vissuta”.