Pakistan: ucciso il corrispondente che aveva indagato sul Governo
Non ha fine la lista di cronisti, fotografi e corrispondenti "martiri" della verità: Syed Saleem Shahzad, dopo essere sparito domenica scorsa, è stato trovato morto con segni di evidenti torture poco lontano dalla sua macchina a 150km da Islamabad, la capitale del Pakistan. Il giornalista aveva 40 anni, ed era responsabile per l'Asia meridionale di Asia Times online, corrispondente dell'agenzia di stampa italiana Adn Kronos International (Aki) e collaboratore del quotidiano La Stampa.
Nel pomeriggio di domenica era partito dalla sua abitazione per recarsi negli studi dell'emittente Dunya TV, dove avrebbe dovuto prender parte ad un dibattito, in qualità di giornalista ed esperto di terrorismo della regione. Tra le ultime attività ed è ciò che dai più viene assunto come "movente" principale, Shahzad aveva indagato sulla possibile esistenza di legami e di negoziati fra settori della marina pachistana e Al Qaeda a seguito dell'attacco alla base navale di Karachi, che si pensa sia la conseguenza dell'arresto di alcuni ufficiali sospettati di complicità con l'organizzazione creata dallo sceicco Osama Bin Laden ucciso ad Abbottabad qualche settimana fa.
Va ricordato che il giornalista nel 2006 era stato rapito dai talebani, che lo avevano accusato di spionaggio, ma dopo sette giorni era stato liberato. Prima del ritrovamento, l'associazione Human Right Watch aveva accusato l'Isi, la più importante agenzia di intelligence pachistana, di essere coinvolta nel rapimento, in quanto in una zona sicura come Islamabad solo qualcuno di molto potente poteva far sparire nel nulla un uomo con la sua macchina. Per far luce sul caso è stata creata dal governo una commissione di inchiesta congiunta', che verificherà le circostanze della morte del giornalista, che nei giorni precedenti era stato pedinato e aveva ricevuto alcune minacce al telefono
Giuseppe Marra, il direttore di Adnkronos, che è stato a stretto contatto con Shahzad, lo ricorda come "un uomo che intendeva il giornalismo anche come un'altissima missione culturale di pace. Un cronista che era stato capace di mettere in campo un interscambio di informazioni giornalistiche sempre più puntali e capillari fra quella tormentata regione del mondo e il nostro Paese, direi la nostra Europa, per avvicinare sempre più, innanzitutto culturalmente, i popoli e le società del Medio Oriente e l'Italia e l'Europa".