Continuare a guardare ai mercati che crollano dopo i risultati delle elezioni politiche italiane che disegnano uno scenario incerto (anche se gli analisti sembrano ritenere più probabili nell’ordine: una “grande coalizione” Pd-Pdl; un’intesa Pd-M5S su alcuni singoli provvedimenti legislativi a partire da legge elettorale, norme anticorruzione e contro i conflitti d’interesse; il ritorno al voto), senza saper trarre alcuna conseguenza ed anzi arroccandosi ulteriormente (come già si è visto stamane da parte di alcuni commentatori) su posizioni partigiane, significa continuare a guardare il dito e non la luna che esso indica. Il paese, come ha segnalato puntualmente Dagospia, un sito che dovrebbe essere dedicato al “gossip” e invece si sta rivelando ancora una volta uno dei più attenti e trasparenti interpreti del sentimento nazionale, ha paura e nessuno sta offrendo risposte alle sue paure.
Paure legittime, perché riguardano la mancanza di lavoro (tema da cui sono rimasti ben distanti tutti i leader politici, compresi Berlusconi, che l’aveva usato come arma “di sfondamento” nell’ormai lontano 1994, sia Grillo, abilissimo fin qui nell’intercettare lo scontento senza offrire alcuna vera ricetta al paese), che opprime anzitutto i giovani come, numeri alla mano, ho ricordato fino a sembrare un disco rotto. Ma riguardano anche un fisco asfissiante e che grava sulle spalle dei “soliti noti” (tollerando invece 150 miliardi di euro di “nero” ogni anno), ben oltre le medie di altri paesi “civili” paragonabili come dimensioni e composizione socio-economica all’Italia (che vista da Parigi continua a mettere tristezza persino ora che Parigi sta iniziando una pericolosa parabola discendente). E riguardano una burocrazia opprimente, una corruzione diffusa, un settore pubblico ma anche privato che paga sempre peggio e sempre con maggior ritardo scaricando “a valle” i suoi problemi anche se questo vuol dire far morire un migliaio di aziende al giorno.
Che dovrebbe fare l’esercito dei 4 milioni di partite Iva che in larga parte rappresentano una forma di precariato “privato”, numericamente pari a 5 o 10 volte il precariato “pubblico”? Di fronte a manovre di grande rigore adottate quasi pedissequamente seguendo i dettami dell’egemone europeo gli italiani, povera gente, hanno sempre più l’impressione che l’Europa sia una trappola mortale (e non hanno neppure tutti i torti “sic stantibus”) in cui una crisi sistemica è stata generata, forse inconsapevolmente, da chi credeva di poter impartire lezioni morali sulla pelle dei “maiali” del Sud Europa (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) senza capire, come capiscono perfettamente persino dei comuni “cravattari” o “usurai” che dir si voglia che un debitore morto non serve a nessuno, tanto meno al suo creditore. Così sarà sicuramente curioso vedere le reazioni dei titoli delle grandi banche e assicurazioni tedesche che nei mesi scorsi, da quanto emerso dalle trimestrali, avevano provato a scommettere nuovamente sui Btp italiani, ingolosite dal rally in atto ormai brutalmente concluso.
Ma sarà ancora più interessante capire, al di là dei posizionamenti tattici, cosa intende fare la “classe dirigente” italiana e quella europea. Se cercherà di dare finalmente una risposta alle domande della gente, offrendo se non una soluzione una speranza di futura ripresa da qui a qualche anno. O se si continuerà nella macabra gara a chi stacca per ultimo il piede dall’acceleratore prima di precipitare nel baratro. L’Italia è purtroppo un sistema vecchio, arterosclerotico, in grado di difendere (ogni volta un poco di meno) solo gli “insider” che hanno già un lavoro, hanno già una pensione, hanno già una mutua. In grado di assumere (magari in nero) camerieri e pizzaioli, operatori di call center e addetti ai fast food, ma incapace di darsi nuove regole che attraggano nuovi investimenti dall’estero, che sostengano le esportazioni italiane, che ridiano fiducia nel futuro e voglia di investire agli imprenditori grandi e piccoli italiani, che evitino l’ulteriore congelamento del credito.
Finché ci si concentrerà sui leader e sui loro protagonismi, sulle alleanze “a tavolino” e non sui programmi, il quadro è destinato a peggiorare e non a migliorare, i rendimenti sui titoli di stato (e quindi il peso degli interessi sul nostro debito) a risalire, gli spread a riallargarsi, aprendo nuovi buchi nel bilancio pubblico che rischiano di “chiamare” nuove tasse visto che, come hanno spiegato in questi giorni sia gli uomini del Credit Suisse sia quelli di Mediobanca, in Italia è più semplice aumentare le tasse che tagliare la spesa (che in ogni caso è difficile tagliare oltre certi livelli, nonostante la favoletta degli “enormi” sprechi e delle “enormi ruberie” che ogni tanto i pifferai magici di turno tornano a raccontare, confortati dalla tendenza nazionale a non effettuare alcuna verifica dei numeri citati o delle ipotesi descritte).
Veramente credete che i problemi dell’Italia si risolveranno mandando oppure no il signor Berlusconi al governo? O mantenendo oppure no l’acqua pubblica? O acquistando oppure no gli F-35? O finanche alienando oppure no le auto blu? Aprite gli occhi e forse vedrete la realtà e resistete poi alla tentazione di chiuderli nuovamente per lo spettacolo pauroso che avrete davanti. Solo affrontando la realtà si potrà porre fine a una crisi che è dovuta principalmente a tutti noi e alla tendenza tutta italiana a rinviare sempre le soluzioni per tentare di preservare lo “status quo”. Altrimenti, buona crisi a tutti e un consiglio: chi può iscriva i propri figli a qualche scuola estera, o li mandi a fare i camerieri fuori dall’Italia. Almeno avrà dato loro una chanche.