Omicidio Pamela Mastropietro, fermato un nigeriano Vestiti della vittima a casa sua
La triste conferma è arrivata nel pomeriggio di mercoledì: appartiene a Pamela Mastropietro, diciottenne romana scomparsa da due giorni, il cadavere trovato in due valigie nelle campagne di Pollenza, in provincia di Macerata. Pamela si era allontanata, sembra volontariamente, il 29 gennaio dalla comunità di recupero “Pars” di Corridonia, di cui era ospite. A confermare che il corpo sarebbe della diciottenne sono state le prime analisi del medico legale. Ora si cerca chi è stato a compiere il brutale delitto. Sul caso sono in corso le indagini del Reparto operativo dei carabinieri di Macerata e del Ris.
Fermi e interrogatori nella notte: indizi contro un nigeriano
Nella serata di ieri un uomo di origini nigeriane, Innocent Oseghale, è stato fermato dai carabinieri ed interrogato a lungo in caserma. Omicidio e occultamento di cadavere sono le ipotesi di reato a suo carico. L'uomo, un 29enne con permesso di soggiorno scaduto e precedenti per stupefacenti, è stato individuato grazie alle immagini del sistema di sicurezza nei pressi di una farmacia a Macerata, nelle quali appare mentre sta seguendo la diciottenne romana. Avrebbe ammesso di avere notato e seguito Pamela Mastropietro, ma di averla poi persa di vista. Avrebbe quindi negato qualsiasi coinvolgimento nell'omicidio e avrebbe anche tirato in ballo altre persone che, secondo lui, potrebbero essere implicate. Gli investigatori però hanno escluso tale ipotesi: "Ci è parso molto confuso". Nella sua casa i militari hanno però trovato i vestiti della vittima, sporchi di sangue, e altre tracce ematiche, nonché uno scontrino di una farmacia, poco distante da lì dove la ragazza aveva precedentemente acquistato una siringa. C’è contro di lui anche la testimonianza di un altro straniero, estraneo ai fatti, che ha raccontato di aver visto Innocent Oseghale nella tarda serata di martedi con le due valigie in prossimità del luogo del ritr Converti a live ovamento. In queste ore sono in corso ulteriori perquisizioni nelle case di diverse persone.
Il cadavere fatto a pezzi e nascosto in due trolley
Il cadavere fatto a pezzi è stato trovato all'alba di mercoledì all’interno di due trolley abbandonati in un fosso non lontano dal cancello di una villetta in via dell'Industria. A notarli era stato un passante che pensando si trattasse di droga o refurtiva aveva chiamato i carabinieri. Tutta l'area, dopo la scoperta, è stata subito isolata e i carabinieri hanno setacciato anche la campagna vicina. Sono stati inoltre acquisiti i video girati dalle telecamere di sorveglianza di due aziende della zona. Diverse persone, tra cui i residenti della zona, sono state ascoltate per raccogliere informazioni utili alle indagini. Si indaga per appurare se la ragazza abbia lasciato la comunità sapendo già chi incontrare e dove andare. “Non ho alcuna idea del perché si sia allontanata dalla comunità e di quel che è accaduto. Vorrei che qualcuno mi spiegasse come ha fatto”, aveva detto la mamma. Con sé Pamela aveva portato un trolley rosso, uno dei due in cui sono stati trovati i suoi resti. Il corpo smembrato, senza vestiti, era perfettamente pulito e non presentava tracce di sangue.
I problemi con la droga e la scuola per estetista
Pamela Mastropietro era da tempo dipendente dalle droghe. “Tutti dipendiamo da qualcosa che ci fa dimenticare il dolore”, scriveva la stessa giovane su Facebook postando la foto di un pacchetto di sigarette, una bottiglia di whisky e un accendino. La ragazza in passato aveva studiato in una scuola per estetista a Roma, forse sperando di poter aiutare la mamma nel suo salone di bellezza vicino al centro. Per i suoi problemi di dipendenza ad agosto scorso era entrata in una comunità di recupero da dove era già scappata una volta. Del caso di Pamela si è occupata anche la trasmissione “Chi l'ha visto?”.
Alessandra Verni, la mamma di Pamela, è rimasta poco più di mezz'ora nell'obitorio di Macerata per il riconoscimento ufficiale del corpo della figlia. Scortata dai carabinieri, che hanno impedito ai giornalisti di avvicinarsi, la donna indossava una specie di mantellina nera che le copriva la testa, proteggendole il volto, probabilmente a difesa della privacy. È stata accompagnata nella caserma dei carabinieri per sbrigare alcune formalità legate al riconoscimento.