Omicidio Fermo: “Prima del pugno, Mancini ha rotto un legamento a Emmanuel con un calcio”
Sono le 15 di martedì 5 luglio. A Fermo è una torrida giornata d'estate quando Emmanuel Chidi Namdi, sua moglie Chinyere e un amico – tutti e tre nigeriani – escono dal seminario arcivescovile di Fermo – dove alloggiano – per recarsi in una farmacia del centro della città, dove devono acquistare una crema idratante. I tre camminano in fila indiana lungo via Veneto: Emmanuel è il primo, poi l'amico, quindi la moglie che – prima di arrivare alla fermata dell'autobus, distante poche decine di metri – si ferma a una fontana per bere. Qui, in attesa dell'autobus, ci sono Amedeo Mancini e un amico: il primo vede la nigeriana e le grida "scimmia africana". Chinyere comprende poche parole di italiano, ma capisce bene quell'insulto e risponde per le rime. Mancini la afferra per la maglia e la strattona: Emmanuel, avanti di qualche metro, si volta e interviene a difesa della moglie.
Mancini ha inseguito Emmanuel: non è legittima difesa
Qui, secondo i legali di Mancini, Emmanuel avrebbe afferrato un palo della segnaletica stradale mobile e l'avrebbe sferrato contro il fermano. Le testimonianze in merito, come riferisce il legale del nigeriano Letizia Astorri, sono tuttavia assai discordanti: "Non è chiaro chi abbia afferrato il palo, spetterà ai magistrati stabilirlo nell'inchiesta. Quel che è certo, invece, è quello che è accaduto nei momenti successivi". Il diverbio, infatti, sembra finire: Emmanuel prende la moglie per una mano e fa per allontanarsi. Mancini potrebbe fare altrettanto, porre fine al diverbio, invece lo insegue. Non accetta che un immigrato possa aver reagito al suo insulto, tanto meno che a farlo possa essere un uomo fisicamente molto più minuto di lui: "Mancini sferra un calcio alla gamba sinistra del nigeriano, procurandogli la rottura del tendine e probabilmente fiaccandolo definitivamente. Poi gli dà un pugno sul volto. Non sappiamo ancora se sia stato quel colpo a ucciderlo o la successiva caduta a terra, ma quel che è chiaro è che non si è trattato affatto di legittima difesa, come da tempo sostiene l'imputato", spiega a Fanpage l'avvocato Astorri.
La campagna mediatica per trasformare la vittima in carnefice
Quella descritta è la ricostruzione della vicenda fornita dall'avvocato Astorri, legale di Chinyere, in attesa che vengano resi noti i risultati dell'autopsia sul corpo di Emmanuel e che venga quindi stabilito se il ragazzo sia finito in coma a causa del pugno o della successiva caduta. Il caso dell'omicidio di Fermo intanto ha preso fin dai primi giorni una piega surreale: una martellante campagna mediatica condotta da settori della tifoseria della fermana e da realtà della destra locale hanno sostanzialmente ribaltato i ruoli, trasformando la vittima – l'uomo nigeriano – in carnefice e sollevando Mancini dalle sue responsabilità. Sulla vicenda da tempo al processo che si svolgerà nelle aule di giustizia è stato affiancato quello mediatico: l'italiano, secondo la vulgata che va per la maggiore nell'opinione pubblica, non avrebbe fatto altro che difendersi dall'aggressione dello straniero. "Non mi ha lasciato via di uscita: lui e sua moglie non mi hanno dato tregua. Ho cercato in tutti modi di evitare lo scontro: ho tentato di salire sull’autobus, ma mi hanno sbarrato la strada; poi mi sono rifugiato sopra una panchina, quindi sono scappato verso via Veneto. Loro però non mi mollavano, non mi davano tregua. Quando lui mi ha colpito con il segnale stradale ho visto la morte in faccia", ha scritto Mancini in una lettera inviata dal carcere a un amico.
Per i Giudici Amedeo Mancini è dotato "di spiccata capacità delinquenziale"
Anche secondo i giudici del Tribunale del Riesame "è pacifico che Emmanuel abbia afferrato un segnale stradale mobile col quale colpiva Mancini a una spalla facendolo cadere a terra. Mancini si rialzava senza aver subito conseguenze e riprendeva la colluttazione, all’esito della quale sferrava un violento pugno che faceva rovinare a terra il nigeriano, il quale cadeva subito in coma post traumatico”. Tuttavia, secondo l'avvocato Astorri, "su questo aspetto ci sono testimonianze discordanti e comunque la reazione di Emmanuel è un elemento che non giustifica la tesi dell'eccesso di legittima difesa, dal momento che il nigeriano è stato colpito in una seconda fase, mentre se ne stava andando e dopo essere stato inseguito da Mancini". Della stessa idea i giudici, secondo cui il fermano "è soggetto dotato di spiccata capacità delinquenziale". Per questo “va confermato il grave quadro indiziario a suo carico avendo egli arrecato lesioni volontarie all’Emmanuel in conseguenza delle quali quest’ultimo è deceduto”. Di conseguenza i giudici hanno confermato le misure cautelari, optando per gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico: “Sussiste il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie avendo Mancini dimostrato disprezzo del prossimo e propensione allo scontro fisico anche per futili motivi”. Sul chi sia il colpevole dell'omicidio di Emmanuel Chidi Namdi sembrano esserci ben pochi dubbi.