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Omicidio Biancavilla, perché Enza Ingrassia ha ucciso il marito

Non è una criminale ma una donna che, stanca dei presunti maltrattamenti subiti per 40 anni, ha deciso di uccidere l’uomo della sua vita. Enza Ingrassia ha parlato di violenze verbali, fisiche, due aborti, relazioni extraconiugali e un rapporto di amore-odio.
A cura di Fabio Giuffrida
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E' lei, Enza Ingrassia, 63 anni ad aver ucciso il marito, Alfio Longo, 66enne ex elettricista in pensione. I due erano sposati da oltre 30 anni, avevano deciso di trasferirsi a Biancavilla, in provincia di Catania, in una zona molto tranquilla, immersa nel verde. In zona Vigne sorgeva la loro villetta; tutto era apparentemente tranquillo. Enza e Alfio non avevano figli, o meglio, come racconta la donna "lui l'avrebbe fatta abortire" per ben due volte (nel corso della prima gravidanza Alfio Longo sarebbe salito sulla pancia della moglie per procurare l'aborto, ndr) , quando si trovava in Germania, paese in cui si erano trasferiti negli anni '70 in cerca di fortuna, per trovare un lavoro dignitoso. Lì i due coniugi lavoravano assiduamente e non potevano di certo pensare a mettere su famiglia. Enza Ingrassia, quindi, non è una criminale ma una donna che non ne poteva più – dice lei – di subire angherie da parte del marito: veri e propri maltrattamenti che avrebbe subito dal lontano 1972. Violenze di ogni genere, come hanno specificato i carabinieri di Catania: da quelle verbali ("Mi chiamava lurida mula") a quelle fisiche. Violenze, però, mai denunciate. Stando così le cose, la donna subiva e non reagiva. Poi, dopo quasi 40 anni di matrimonio, l'omicidio. D'impeto, secondo il suo legale Luigi Cuscunà (intervenuto ai microfoni di Fanpage.it).

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Alfio Longo avrebbe avuto una relazione extraconiugale

Non le è stata contestata la premeditazione né la coltivazione di piantine di marijuana. La donna era sincera quando diceva di non saperne assolutamente nulla: "Non distingueva i vari tipi di piante, è stata creduta anche dai giudici" ha aggiunto il suo legale. Nonostante le (presunte) violenze, Enza amava suo marito, aveva un rapporto viscerale con l'uomo della sua vita: nel corso dell'interrogatorio, lo descrive come un uomo premuroso, che non le aveva mai fatto mancare niente, che andava con lei in chiesa, che acconsentiva ad accompagnarla in giro per il paese. Voleva salvare il suo matrimonio, lo ha fatto più volte: si sarebbe rivolta persino a un consultorio familiare, avrebbe interpellato sacerdoti, medici e parenti per "calmare il marito". Non riuscendoci, aveva preso una drastica decisione, quella di separarsi da lui, di andare via, di trasferirsi in una comunità. Ma non c'era mai riuscita. Lui non glielo avrebbe consentito. Secondo il legale della donna, in Germania, Alfio Longo avrebbe avuto persino una relazione extraconiugale, poi perdonata dalla stessa Ingrassia.

Enza Ingrassia è pentita di aver ucciso il marito

Non sappiamo se questi siano solo tentativi disperati per difendersi, per trovare delle "giustificazioni" che possano attenuare il suo dolore, il suo pentimento. Perché la donna è profondamente pentita, non lo rifarebbe. Una donna che fin dal primo momento è parsa lucida ma "confusa" su alcuni passaggi del racconto: dimenticanze, contraddizioni e imprecisioni che non hanno convinto gli inquirenti. Perché i cani non hanno abbaiato? Come mai i rapinatori le avrebbero chiesto di legare il marito nel letto? Per quale ragione? E com'era possibile che due "professionisti" si spingessero a uccidere un uomo per una "banale" rapina in villa? La "scena del crimine" raccontata dalla Ingrassia non corrispondeva a quella dei militari. La "rapina finita in tragedia" è stato soltanto un modo per allontanare da sé ogni responsabilità, ma solo per qualche ora: alla fine, messa alle strette, la donna ha confessato, dopo un lungo interrogatorio terminato alle prime luci dell'alba. Enza Ingrassia, uccidendolo, si è liberata di un "fardello"; a spingerla a commettere questo atroce gesto – che non ha alcuna giustificazione – sono stati anni di presunti maltrattamenti e non si può quindi addebitare soltanto all'ultima sera, quella in cui l'uomo l'avrebbe colpita con un bastone, lo stesso che la donna ha usato poi per ucciderlo. Sempre quella notte i due avevano visto, insieme, un film in tv nel quale un uomo "era stato colpito con un coccio di bottiglia".

Ieri si è tenuto l'interrogatorio di garanzia nel carcere di Piazza Lanza a Catania: la donna è accusata di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. Si trova in custodia cautelare in carcere e non le è stata contestata dal pm né la premeditazione né la coltivazione di sostanze stupefacenti in casa. Il legale della donna ha chiesto che venga affidata a una comunità.

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