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Obama: “Chiederò l’autorizzazione del Parlamento, ma sarà guerra”

Nel discorso di Obama trovano posto principi, identità e storia di un paese, ma anche la certezza di un futuro prossimo: l’intervento militare contro la Siria.
A cura di Redazione
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Inizia con circa 35 minuti di ritardo il discorso di Barack Obama, durante il quale il Presidente degli Stati Uniti conferma l'intenzione dell'esecutivo a stelle e strisce di dichiarare guerra alla Siria. L'intervento di Obama dura poco meno di 20 minuti, durante il quale il leader americano richiama uno per uno i passaggi logici che conducono all'impiego della forza militare. Dopo aver rievocato l'immagine dei bambini siriani uccisi dal gas nervino, Obama effettua il passaggio che sposta il centro del discorso dalla Siria agli Stati Uniti: "L'attacco rappresenta un grave pericolo per la sicurezza nazionale", perciò "ho deciso che gli Usa devono intervenire militarmente contro Assad".

Quando – Come avevano già anticipato alcune fonti americane, non è stata questa l'occasione nella quale il Presidente americano avrebbe dichiarato l'inizio delle ostilità. Obama non lascia infatti intuire i tempi dell'entrata in guerra: "Sarà domani, tra una settimana o da qui a un mese, ma non possiamo non intervenire". Il numero uno della Casa Bianca conferma quanto dichiarato nei giorni scorsi a proposito delle modalità di intervento, che sarà "limitato" e che non prevederà l'uso delle forze di terra. La pressione militare sarà infatti esercitata dal mare e dal cielo.

Onu bloccata – A differenza di quanto aveva dichiarato nei giorni scorsi, gli Usa bypasseranno le Nazioni Uniti: "Andremo avanti senza l'approvazione dell'Onu, fin qui paralizzato" dal veto della Russia. Tuttavia, avvertendo la necessità di una copertura democratica, Obama chiamerà in causa il parlamento degli Stati Uniti: "cercherò l'autorizzazione da parte dei rappresentati del Congresso". "Pur sapendo di avere l'autorità [di dichiarare guerra, Ndr] senza la specifica autorizzazione del parlamento – prosegue Obama – so che noi saremmo più forti con l'autorizzazione dell'organo legislativo". Nel discorso di Obama, il consenso del Congresso degli Stati Uniti segue il riferimento storico agli illustri natali della Costituzione americana, "La più antica al mondo", sottolineando in tal modo la continuità logica tra i principi democratici e, sotto tale ottica, il necessario impiego delle forza militare.

Il riferimento al passato – Obama dovrà affrontare la forte ostilità del popolo americano all'opzione militare; ostilità del resto già espressa da diverse manifestazioni nel corso della settimana. Eppure, si interroga il presidente, "veniamo da un periodo di guerra al quale sono stato chiamato per porre fine, ma che messaggio manderemmo se un dittatore potesse uccidere con il gas centinaia di bambini senza conseguenze?". E poi ancora un passaggio sul Onu e sul lavoro dei suoi funzionari in Siria: "Le atrocità commesse con le armi chimiche non devono essere indagate, ma condannate". La guerra, tuttavia, non sarà un modo per introdurre di forza gli Usa negli affari nazionali della Siria. Gli Usa, assicura ancora il capo di stato americano, continueranno a prediligere gli strumenti della pressione e della diplomazia politica.

L'identità – Nell'attesa di poter passare al soft power, Obama fa notare che "siamo gli Usa e non possiamo e non dobbiamo volgere le spalle a quello che è successo a Damasco". "Dalla Seconda Guerra abbiamo creato un nuovo ordine mondiale basato sulla libertà dell'individuo" e che impone la difesa dei diritti umani. Princìpi, questi, sorretti dalla certezza di una pena: "Siamo gli Stati Uniti, facciamo quello che diciamo: noi siamo una guida per tutti". Princìpi – e Obama torna così al problema concreto del consenso interno – di fronte ai quali trovare unità: "Certi eventi vanno oltre le differenze politiche".

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