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“Non staccate la spina”, il piccolo Isaiah come Charlie Gard: genitori contro medici

La Gran Bretagna di nuovo di fronte al dilemma se tenere in vita un piccolo attraverso i macchinari o staccare la spina e lasciare che muoia. Il caso del piccolo Isaiah Haastrup come quello di Charlie Gard con genitori contro medici in Tribunale.
A cura di Antonio Palma
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Dopo il controverso, discusso e devastante caso di Charlie Gard, il bambino britannico tenuto in vita grazie a macchinari che lo aiutavano a respirare e ad assorbire sostanze nutritive, il Regno Unito si ritrova di nuovo di fronte al dilemma se tenere in vita un piccolo attraverso i macchinari o staccare la spina e lasciare che muoia. A dividere l’opinione pubblica britannica questa volta è il caso di un bimbo di appena 11 mesi, Isaiah Haastrup, colpito da pesantissimi danni cerebrali a causa di complicazioni alla nascita e ora tenuto in vita dai macchinari del King’s College hospital di Londra, dove è ricoverato costantemente in terapia intensiva pediatrica.

Come nel caso del piccolo Charlie Gard, i medici ritengono che tenerlo in vita in queste condizioni non sia più possibile e hanno chiesto di poter staccare la spina mentre i genitori del piccolo Isaiah, Takesha Thomas e Lanre Haastrup, si oppongono con forza a ogni tipo di azione del genere. Anche in questo caso purtroppo nessun accordo è stato possibile tra sanitari e familiari e il caso è finito davanti a un giudice. In Tribunale l’avvocatessa dell’ospedale ha spiegato che il dolore e la sofferenza sopportate dai genitori è comprensibile ma che le "soverchianti prove mediche" indicano che è meglio sospendere il trattamento.

I genitori, entrambi trentaseienni londinesi, ribattono però che il bimbo reagisce al loro tocco e chiedono che le curi continuino nella speranza che il piccolo migliori e possa essere trasferito. Per i medici però si tratterebbe solo di spasmi muscolari. Isaiah, che è attaccato al respiratore artificiale, infatti non dà segni di ciclo veglia/sonno e anche se si irrigidisce durante le iniezioni, non c’è alterazione del battito cardiaco, per cui l’irrigidimento potrebbe essere un semplice riflesso. "È in vita, ma sta vivendo?" ha chiesto davanti alla Corte uno degli specialisti interpellato.

"Non spetta a loro decidere", ha detto la madre di Isaiah davanti ai giudici del tribunale di Londra, sostenendo che "Quando lo chiamo per nome e dico ‘Isaiah, sono mamma', lui mi risponde". "Io vedo un bambino malato. Ha bisogno di amore. Ha bisogno di cure e io posso farlo. I medici dicono che non merita di vivere così, ma non è giusto. Non è una decisione che devono prendere loro" ha ribadito la donna. Il caso, che ha già attirato l'attenzione mediatica in Gran Bretagna, purtroppo rischia di ripercorrere lo stesso tormentato percorso del caso del piccolo  Charlie Gard i cui genitori ricorsero a tutti i gradi di giustizia e perfino alla Corte europea dei diritti dell’uomo e facendo appello a chiunque prima arrendersi all’evidenza che per Charlie non c’era più nulla da fare".

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