Un colpo di pistola in faccia: la storia dell’omicidio di Nicole Lelli, uccisa dal suo ex
"Ho ucciso mia moglie. Mi tradiva, a Cuba si fa così". Il 16 novembre 2015, Yoandris Medina Nunez, 24enne di nazionalità cubana si consegna alla polizia qualche ora dopo aver sparato a Nicole Lelli, 22 anni, romana. Nicole, però, non era più la sua compagna da tempo, aveva chiesto l'annullamento del matrimonio ed era tornata a vivere in famiglia a via Collatino. Quella sera lo aveva seguito fuori dal locale a Ponte Marconi, nel quartiere Testaccio, dove lui era andato a cercarla per l'ennesimo chiarimento. Si era seduta nella sua auto per dirgli ancora una volta di lasciarla in pace. Ad avere l'ultima parola, però, era stata la Beretta calibro 7.65.
Chi è Nicole Lelli, prima e dopo l'incontro con il killer
Il primo atto di questa tragedia comincia nel 2015. Nicole è una ragazza intraprendente, a 22 anni lavora come estetista, si mantiene da sola, pur abitando ancora a casa con papà Giovanni, autista, e mamma Maria Grazia, insegnante. Viaggia, esce con le amiche, ha anche comprato un'auto nuova con i suoi risparmi. Un giorno, questa ragazza solare e frizzante incontra Yoandris, un giovane cubano ospite a Roma con un visto. Per Nicole è subito amore, tanto che decide di seguirlo a Cuba, dove il ragazzo ha un appartamento in condivisione con un'amica. I genitori di Nicole non approvano, ma si limitano a sperare che presto il colpo di fulmine lasci il posto a decisioni più ragionate.
Nicole lascia il suo lavoro e vola a Cuba, dove i due ragazzi vivono con i soldi incassati da Nunez come premio assicurativo per un grave incidente subito in precedenza, fondo, che però, si assottiglia giorno per giorno. Dopo un periodo di convivenza con la coinquilina di Nunez, i ragazzi si sposano. Per Nicole quell'unione che non è riconosciuta in Italia, è un gioco, come le nozze a Las Vegas, ma per Yoandris non è così. Il 24enne sfratta l'amica coinquilina per stare solo con la moglie. Quando Nicole è costretta a rientrare in Italia per problemi familiari lui ne approfitta per far convalidare il matrimonio all'ambasciata italiana, ma senza il consenso della ragazza, ignara dei piani di Nunez.
Quando lo scopre la ragazza si infuria e chiede l'annullamento. Torna a casa dai suoi a Roma, riprende il lavoro e la sua vita di prima. Medina torna a sua volta in Italia per convincerla a tornare con lui. Per Nunez però quel matrimonio è prezioso, il suo visto è scaduto, il 24enne è in Italia da clandestino, ma vuole la cittadinanza. Si procura illegalmente una pistola semiautomatica e, la sera del 16 novembre, raggiunge Nicole nel locale dove è andata a ballare.
Il delitto e la sentenza per l'omicidio di Nicole
Lei non torna più a casa, gli amici e i familiari le danno l'ultimo saluto il giorno del funerale, mentre lui va dritto in carcere con l'accusa di omicidio volontario. La sua posizione è difficile, Nunez è in Italia con un visto scaduto, è reo di aver falsificato il certificato di matrimonio all'ambasciata e di essersi armato di una pistola illegale. Capi di imputazione che gli verranno contestati in altra sede, mentre per il processo sull'omicidio di Nicole, sceglie il rito abbreviato. Intanto arriva, postuma, la sentenza di annullamento di quelle nozze maledette, mentre l'imputato si appresta a difendersi. In sede di requisitoria il pm Edoardo De Santis chiede l'ergastolo, il massimo della pena per l'ennesimo femminicidio.
Il 1° dicembre 2016 i familiari e gli amici di Nicole si riuniscono fuori dal tribunale di Roma per la sentenza del gup, Claudio Carini. Contro ogni aspettativa, il giudice pronuncia una sentenza di condanna a 20 anni. La scelta del rito abbreviato ha consentito lo sconto di un terzo della pena. Cadute le aggravanti dei futili motivi e della crudeltà e con le attenuanti generiche (tra cui la confessione spontanea e la giovane età) concesse dal giudice, il massimo della pena diventa così di anni 20. "Uscirà dopo 10 anni!" , "Datelo a noi!" urlano le persone che si sono assiepate fuori dall'aula dopo il responso del giudice. Nei corridoi scoppia una rivolta, volano minacce al giudice Carini e insulti rivolti verso l'unico responsabile, Yoandris Medina Nunez, che viene protetto dagli agenti.
I genitori di Nicole contro il femminicidio
Dopo la cocente delusione per la sentenza i coniugi Lelli hanno inviato una lettera ai parlamentari per chiedere pene più severe per i femminicidi. "Questo sistema ha garantito solo chi ha tolto la vita alla nostra amata Nicole". Mentre aspettano l'udienza del prossimo sette novembre, i coniugi Lelli hanno ottenuto che venga costruito un monumento in ricordo di Nicole e delle altre donne uccise, nel parco Achille Grandi. "Era il parco dove giocava da bambina", ricorda il papà. per si terrà l'udienza d'appello. "La speranza – commenta il papà di Nicole – è che venga riconosciuta almeno l'aggravante della premeditazione. Vent'anni sono troppo pochi per un delitto del genere". La prima Corte d'assise d'appello di Roma ha confermato la condanna a 20 anni di reclusione.