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Nel mondo 36 milioni di schiavi: record per l’India

Un rapporto stilato da Walk Free rivela che nel mondo quasi 36milioni di persone vivono in stato di schiavitù.
A cura di Davide Falcioni
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Sono 27 milioni gli schiavi di tutto il mondo e il loro lavoro contribuisce a costruire praticamente ogni oggetto che compriamo e di cui disponiamo. Sulla coscienza di ogni occidentale grava il peso di un centinaio di individui, vittime di sfruttatori e trafficanti di esseri umani.

Nel mondo quasi 36 milioni di persone vivono in schiavitù. A renderlo noto è un dossier dell'Ong australiana Walk Free, secondo cui lo 0,5 per cento della popolazione mondiale, in ben 167 stati, è costretta in condizioni di sfruttamento. Secondo il Global Slavery Index l'India è il paese con il più alto numero di schiavi, ben 14 milioni di persone, seguito dalla Cina (3 milioni), il Pakistan e l'Uzbekista. La Russia è al quinto posto a causa dell'impiego di migranti ridotti in stato di schiavitù nei settori agricolo e dell'edilizia. La Mauritania è invece il Paese con la più alta percentuale di persone ridotte in schiavitù rispetto all'intera popolazione, il 4%, seguito da Uzbekistan (3.97%), Haiti (2.3%), Qatar (1.36%) e India (1.14%). Numeri impressionanti, cresciuti sensibilmente rispetto al primo rapporto Walk Free, datato 2013. L'Ong per schiavitù intende il lavoro forzato, la servitù per debiti, i matrimoni forzati e lo sfruttamento sessuale. La definizione è quindi più ampia di quella utilizzata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, che nel 2012 denunciava 21 milioni di persone vittime del lavoro forzato. "Si presuppone che la schiavitù sia una questione di un'epoca passata, o che esista solamente in Paesi devastati dalla guerra e dalla povertà", spiega Andrew Forrest, presidente della Walk Free Foundation, che stima anche come lo sfruttamento contribuisce alla produzione di 122 tipi di prodotti per 58 Paesi con una stima, fornita dall'International Labour Organization (Ilo), di 120 miliardi di euro l'anno di profitti. "Dal mercato del pesce thailandese, alle miniere di diamanti in Congo, alle ragazze indiane che cuciono i palloni da calcio, questo è il lavoro che noi consumiamo", si sottolinea nel dossier.

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