‘Ndrangheta, il processo “Crimine” è ad un epilogo: 90 condanne e 34 assoluzioni
La sentenza del maxi processo denominato "Crimine" arriva ad un epilogo: oltre 90 condanne e 34 assoluzioni per clan e affiliati di camorra. La Direzione distrettuale antimafia ha chiesto oltre 1.600 anni di carcere per i 119 imputati alla sbarra. Il "capo dei capi" Domenico Oppedisano è stato condannato a 10 anni di carcere, nonostante il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, avesse chiesto una condanna di 20 anni di reclusione. Il Gup Giuseppe Minutoli, poi, ha condannato a diversi anni di carcere altri nomi cardine dell'inchiesta: Antonino Pesce, Rocco Lamari, Cosimo Giuseppe Leuzzi, tra gli altri, per condanne che vanno dai 6 agli 8 anni. Per il processo scaturito dalla maxioperazione del 13 luglio 2010, quando furono arrestati sull'asse Reggio Milano circa 300 presunti affiliati, oggi sono state assolte 34 persone.
‘Ndrangheta, carattere unitario da Nord a Sud – I magistrati che si sono occupati dell'inchiesta, il procuratore aggiunto Michele Prestipino, i sostituti procuratori Giovanni Musarò, Antonio De Bernardo e Maria Luisa Miranda, hanno pronunciato questa mattina la requisitoria. Nel 2010, in seguito all'arresto di 300 persone, fu sancito l'asse unitario della ‘ndrangheta, che da Nord a Sud non conosce limiti. Avevano creato scalpore, infatti, le notizie giunte da Milano, per anni fuori dai casi giudiziari inerenti alla camorra. Secondo i magistrati, la ‘ndrangheta presenta carattere unitario, e "la testa rimane sempre in Calabria". L'operazione "Crimine" ha coinvolto 3000 persone tra carabinieri e Polizia.
Dieci anni al capo dei capi Oppedisano – A finire in carcere, due anni fa, furono imprenditori e uomini legati a vario modo alla camorra, accusati di associazione mafiosa, traffico di armi e droga, estorsione, usura e altri reati. Anche l'ottantenne Domenico Oppedisano fu arrestato, perchè ritenuto capo della "Provincia", che regge le decisioni più importanti della ‘ndrangheta dal 1991. Il "capo dei capi", insomma, condannato, questa mattina, a 10 anni di carcere. Nel 2010, diverse furono le intimidazioni ai danni di magistrati e procuratori di Reggio Calabria. Si ricorda, a tal proposito l'episodio avvenuto il 3 gennaio, quando scoppiò un ordigno davanti alla procura generale di Reggio Calabria. Il gesto fu attribuito alla ‘ndrangheta reggina e alle ndrine della Piana di Gioia Tauro.