‘Ndrangheta: arrestati familiari di Maria Concetta Cacciola, collaboratrice suicida
I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno fermato 11 persone vicine al clan Pesce. Arrestati anche i familiari di Maria Concetta Cacciola, minacciata e umiliata dai suoi genitori per un doppio tradimento: aveva intrecciato una relazione extraconiugale e, in più, era diventata collaboratrice di giustizia. La donna, 31enne, si era suicidata il 22 agosto scorso bevendo acido muriatico. Non sopportava più il peso dei soprusi e delle violenze che era costretta a subire dai suoi stessi familiari, che la minacciavano quotidianamente sia per aver tradito il marito, sia per le confessioni scomode fatte alla polizia. Nel corso degli arresti avvenuti questa mattina, sono stati fermati anche il padre di Maria Concetta, Michele Cacciola, la madre, Anna Rosalba Lazzaro, e il fratello, Giuseppe, con le accuse di maltrattamenti in famiglia, violenza e minaccia.
Violenze e minacce per ritrattare le confessioni
La 31enne Maria Concetta, cugina di Giuseppina Pesce, era sposata con Salvatore Figliuzzi, che al momento sconta una pena di 8 anni per associazione mafiosa. La coppia aveva avuto 3 figli, che adesso hanno 16, 12 e 7 anni. Maria Concetta aveva intrecciato, intanto, una relazione extraconiugale con Pasquale Improta. La collaborazione con la giustizia sarebbe avvenuta in seguito ad una particolare circostanza: i genitori di Maria Concetta erano venuti a sapere della relazione e, nell’ambiente camorristico, l’adulterio è considerata una vergogna da nascondere e per la quale punire fino ad uccidere. Maria Concetta avrebbe reso note le attività mafiose dei Bellocco in seguito a numerosi soprusi subiti dagli stessi genitori.
Da quando aveva iniziato a collaborare con la giustizia, la donna veniva chiamata “la marescialla”. Solo uno sfottò rispetto alle altre devastanti conseguenze: scoperta la relazione extraconiugale, il padre di Maria Concetta le aveva puntato una pistola alla tempia. Senza che la donna ne fosse al corrente, inoltre, era stato preparato un memoriale che la collaboratrice avrebbe dovuto firmare: si trattava di un testo con cui venivano smentite tutte le confessioni. A ciò va aggiunto anche un audio in cui la 31enne, sotto costrizione, riferiva che quanto detto ai magistrati era falso. Nell’agosto scorso la donna tornò a Rosarno per rivedere i suoi figli per l’ultima volta, prima di chiudersi in bagno e suicidarsi bevendo acido muriatico.