Carcere e violenza: molti avevano denunciato da tempo la mattanza. La politica, pavida, ha taciuto
La Pandemia ha certamente peggiorato le condizioni di vita nelle carceri italiane. Chi è in carcere ha scontato una doppia pena. Ci sono stati morti per Covid tra agenti, detenuti ed operatori penitenziari. Ci sono stati morti tra detenuti durante le rivolte.
C'è stato un clima di forca invocato «a capocchia» che ha visto coinvolti politici, uomini della magistratura, trasmissioni televisive che hanno disinformato, e tanti silenzi, che facevano più male delle pietre. Tanti episodi poi di democrazia sospesa, di malagiustizia, malasanità. La politica pavida e cinica ha taciuto. Una regia unica, modalità analoghe.
I gravi episodi criminosi ai danni dei carcerati di Santa Maria Capua Vetere, definiti “una orribile mattanza” dal Gip che ha emesso sulla base di plurimi riscontri oggettivi 52 misure cautelari di diversa specie nei confronti dei poliziotti penitenziari e di qualche dirigente individuati dalla Procura come possibili responsabili, suscitano profondo turbamento e grande preoccupazione. Avevo dall'otto di aprile dello scorso anno denunciato torture, violenze e intimidazioni di vario genere .
I detenuti mi avevano raccontato, finanche con particolari raccapriccianti le violenze subite, il clima che si era creato anche subito dopo, la convivenza nello stesso posto di denuncianti e denunciati.
Condotte penalmente illecite poste in essere. Fatti, singoli episodi verificatesi anche in tante altre carceri di una gravità inaudita che non possono non destare indignazione e allarme, specie in un contesto come quello odierno: in cui daremmo ormai pressoché per scontato che il rispetto della vita, dell’incolumità personale, della dignità umana e degli diritti altri connessi sia imposto da obblighi costituzionali inderogabili che non ammettono, in linea di principio, discriminazioni di trattamento tra cittadini liberi e persone recluse per motivi di giustizia. Le violenze sono un'offesa e un oltraggio alla dignità della persona e alla divisa. Certezza della pena con qualità della pena.
Più volte ho manifestato apprezzamento per il lavoro svolto dagli agenti di polizia penitenziaria e non ritengo, nonostante tutto, che siano venuti meno gli elementi su cui ho fondato il mio giudizio. Però essere ambigui come tanti politici stanno facendo, essere tifosi di curva non serve. Io sono sia con le famiglie dei detenuti che con quelle degli operatori penitenziari che fanno un lavoro difficile e mal retribuito.
Io, noi garanti ai vari livelli continuiamo, con dedizione e senza curvare la schiena, a smentire la teorica pretesa che la legalità legislativa e costituzionale debba fungere da stella polare anche della gestione “concreta”delle carceri, confermando l’indispensabilità della figura del garante dei diritti dei detenuti, prevista nel nostro ordinamento secondo una articolazione territoriale differenziata (cioè a livello nazionale, regionale e locale).