Vincenzo Fiorillo, 90enne morto a Napoli dopo una spinta, il figlio: “Vogliamo giustizia per papà”
Nel bar Fiorillo a piazza Bellini, a Napoli, c'è un continuo via vai di persone. Tutti, o quasi, entrano per lo stesso motivo: ricordare Vincenzo, lo storico fondatore dell'attività commerciale. Dietro il bancone c'è suo figlio Gianni, il locale oggi è della sorella Emma. Vincenzo è morto da poco. Quasi un mese fa è stato spinto, mentre era sull'uscio del bar, da un giovane senza fissa dimora. Dalle immagini della telecamera di videosorveglianza, come Fanpage.it ha potuto constatare, si vede un giovane che si avvicina al 90enne, gli va alle spalle, lo spinge e lo fa cadere sui tavolini all'esterno, mandandolo in ospedale. La scena dura pochi secondi. "L'ha fatto senza nessun motivo", aveva raccontato Gianni il figlio poche ore dopo, il primo a rivivere quanto accaduto attraverso i video della sorveglianza.
Ora che uno dei decani di piazza Bellini è morto, la richiesta della sua famiglia è una: giustizia. "Ha ricevuto qualcosa che non si aspettava nessuno. Chiediamo di essere tutelati, soprattutto come cittadini". Lo ripeterà molte volte Gianni nel corso dell'intervista. Ripercorrerà gli ultimi momenti del padre ma anche quelli successivi alla sua morte.
C'è un episodio in particolare che sottolinea. "Una ragazza che faceva il militare di fronte mi ha mandato un video. Non ha avuto modo di poter venire a salutare papà". Nel video c'è Vincenzo Fiorillo che dice poche cose. "Dei soldi non mi importa, io faccio sempre del bene". È una sorta di testamento che risale a qualche anno prima, dalla mascherina che indossa al periodo pandemico probabilmente ed è, come spiega il figlio, la descrizione di quello che sta accadendo in questi giorni.
L'appello della famiglia Fiorillo di piazza Bellini
Diverse persone che in passato hanno lavorato nel bar di Fiorillo da ragazzi, oggi sono professionisti e sono tornati per ricordare Vincenzo Fiorillo. Mentre si attende la data dei funerali, c'è una sola cosa che continua a chiedere la sua famiglia: giustizia e sicurezza. "In passato qui, nel 2019 avevamo una macchina fissa". Prima di salutarci Gianni aggiunge un'ultima cosa, che non ha sottolineato di proposito durante l'intervista. Nessuna delle istituzioni locali ha fatto visita al bar o alla sua famiglia da quando il padre è stato aggredito. "Noi non cerchiamo niente. Però sì, ci sentiamo abbandonati".
Il giovane accusato della spinta
Quel primo maggio, quando i carabinieri erano arrivati, il 25enne accusato di quella spinta aveva tentato di scappare ma era stato bloccato subito dopo. Secondo le ricostruzioni tra i due non c'era stato nessun diverbio. Niente che avrebbe potuto portare a quell'aggressione. Il senza fissa dimora era già conosciuto dai servizi sociali e, come aveva poi confermato l'assessore Luca Trapanese, soffrirebbe di problemi psichici e aveva più volte rifiutato aiuti.