Gino Sorbillo è uno dei pizzaiuoli napoletani più mediatici ed efficaci oltre che produttore di una delle pizze più buone di Napoli. Ieri sera, nel salotto di Bruno Vespa, quando si è trovato di faccia con Flavio Briatore non è stato capace di far valere non solo le ragioni del lavoro che da anni porta avanti ma anche quelle della sua impresa commerciale che dai vicoli del Decumano Maggiore di Napoli ora è diffusa in Italia e nel mondo.
E così, il re del lusso esibito con astice caviale e champagne è stato capace di gigioneggiare su un argomento di cui non capisce nulla e che sta cavalcando solo perché ha aperto una catena di locali. La pizza in mano a Briatore si spoglia di ogni poesia, di ogni tradizione, di ogni storia. Diventa solo scontrino, fatturato, denaro.
Bruno Vespa della sfida di ieri ne ha fatto un mini show, com'era logico aspettarsi: "Ma tu vulive ‘a pizza" cantata da Giorgio Gaber buonanina e abbiamo infine appreso la sua preferenza per la versione bianca con le alici. Nient'altro.
Una settimana di polemiche posson bastare. Nel frattempo sul lungomare Caracciolo di Napoli in questi stessi giorni si sono sfornate decine di migliaia di pizze al Pizza Village, i ristoranti e le pizzerie partenopee hanno continuato a servire il prodotto che fanno da decenni secondo un'arte ritenuta dall'Unesco patrimonio immateriale dell'Umanità. Questo per dire che – pure senza difensori d'ufficio – la pizza partenopea si difende benissimo da qualche centinaio d'anni. I Briatori passano, lei resta.