Vertenza 118 per taglio indennità, i sindacati: “Dalla Regione Campania solo parole”
Avevano proclamato uno sciopero rientrato dopo le rassicurazioni della Regione Campania. Ma oggi, trascorsi 15 giorni, senza che nessun accordo sia stato concretizzato, i sindacati ora tornano all'attacco. Ma facciamo un passo indietro. Il 26 marzo in Campania i medici del 118 avevano annunciato lo sciopero. Sedici le sigle sindacali a proclamarlo contro i tagli delle indennità di circa 5 euro all’ora sullo stipendio decisi dalla Regione. Solo grazie a un tavolo tra le parti si era scongiurato il blocco di un comparto fondamentale, soprattutto in un momento così delicato come una pandemia mondiale. I sindacati, in un lungo documento però, denunciano lo stato dell'arte, che pare essersi concluso con un nulla di fatto.
"Tale impegno assunto dalla parte pubblica – si legge in una nota – non ha trovato alcuna cristallizzazione fenomenica restando, purtroppo, una mera dichiarazione. Tale inosservanza, dunque, affligge ancor di più i lavoratori dell’Emergenza Sanitaria convenzionati con il sistema 118, i quali sono sin dall’inizio della pandemia da Covid-19 esposti, in prima linea, con enormi rischi per la propria salute e per quella dei propri familiari oltreché in condizioni lavorative di particolare complessità. Alla luce di quanto sino ad ora esposto, queste Organizzazioni Sindacali chiedono che l’Ecc.mo Prefetto si faccia parte diligente al fine di consentire il perfezionamento e l’evasione dell’impegno assunto alla Sua presenza dalla Parte Pubblica, promuovendo di addivenire con la massima urgenza alla riunione di un Tavolo con la delegazione trattante". Una vertenza fondamentale visto il delicato momento che vive l'interazione sanità mondiale e che alcuni medici del 118 avevano denunciato anche a Fanpage.it. "Non una mera questione economica", avevano spiegato, raccontando di come molte lettere che comunicavano non solo il taglio dei 5 euro, ma anche la restituzione dell'indennità percepita fino a quel momento, fossero arrivate anche alle famiglie di colleghi in pensione o deceduti. Le somme da restituire spesso raggiungono cifre che sfiorano i 100 mila euro.