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Covid 19

La verità sui numeri dei posti letto in Campania e sulla disponibilità di medici

Ecco come la Campania è diventata zona rossa in 72 ore. L’inchiesta sui numeri forniti dalla Regione Campania sui posti letto disponibili negli ospedali della Campania. Dai posti letto definiti “attivabili” ma che in realtà non esistono, al balletto delle cifre sui posti di rianimazione. L’accordo con la sanità privata che ha fatto fare un balzo in avanti ai posti letto disponibili.
A cura di Redazione Napoli
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 di Antonio Musella e Gaia Martignetti

Dalla zona gialla alla zona rossa Covid in pochi giorni: così è andata in Campania. Il mese di novembre è stato caratterizzato dalla fase più dura della pandemia da Coronavirus. Tra ottobre e novembre è successo di tutto: il presidente della Regione Vincenzo De Luca è passato dall'invocare la zona rossa al rivendicare la zona gialla come suo merito, per poi capitolare sotto la pressione del governo nazionale che ha preso in mano la delicata situazione della Campania. Al centro ci sono i numeri forniti dalla Regione al governo.

I numeri, perché è sui numeri che si prendono le decisioni, e se i numeri vengono comunicati in maniera sbagliata si rischiano di prendere decisioni in ritardo o peggio ancora inefficaci. Mentre per la Regione Campania la situazione era grave ma sotto controllo, abbiamo assistito alle file di ambulanze fuori ai pronto soccorso, a loro volta trasformati in veri e propri lazzaretti. Qualcosa nei conti non torna.

È su questa base che il ministero della Salute ha inviato gli ispettori negli ospedali campani a verificare la situazione. Pochi giorni dopo, il 12 novembre, c'è stata la dichiarazione di zona rossa da parte del ministro Roberto Speranza che ha firmato l'ordinanza per Campania e Toscana. Ma quali sono i numeri reali?

I posti letto "attivabili" non esistono

Per decidere in quale zona deve finire una regione (gialla, arancione o rossa) tra i parametri l'Istituto Superiore di Sanità ha la percentuale di posti letto di terapia intensiva e di degenza ordinaria occupati sull'intera disponibilità di posti letto del sistema ospedaliera di una singola regione.

Se si supera il 30% delle terapie intensive e il 40% dei posti letto di degenza, scatta l'allarme. Il numero decisivo per fare queste proporzioni è quindi quello dei posti di terapia intensiva e di degenza ordinaria a disposizione di ogni singola regione.

Ed è proprio su questo numero che si è generato il caos tra Regione Campania e governo nazionale. La Regione Campania ha trasmesso fino al 6 novembre un bollettino giornaliero in cui venivano indicati i posti letto come "attivabili". Ma cosa vuol dire "attivabili"?

Ce lo racconta il caso di un paziente, ricoverato al Cto di Napoli e risultato positivo al Coronavirus: "Mi avevano detto che c'era un posto disponibile all'ospedale Cotugno – spiega a Fanpage.it Elena Auricchio nipote del paziente – non trovavano ambulanze per il trasferimento. Il giorno dopo il medico del 118 mi ha detto che quel posto non c'era più. Così una dottoressa del Cto mi ha spiegato la differenza tra posti letto attivabili e posti letto disponibili. I posti attivabili, visto che non ci sono medici anestesisti, sono posti che in realtà non ci sono". Il numero di posti letto "attivabili" esiste solo sulla carta. A confermarlo sono gli stessi medici.

"I numeri che la Campania ha dato non sono numeri reali – spiega Pierino Di Silverio dell'Anaoo Assomed – . Il cosiddetto "posto letto attivabile" è un posto letto tecnicamente  pronto ma senza il personale necessario ad attivarlo". I numeri della Campania, quindi, rappresentavano una situazione non realistica.

Il balletto delle terapie intensive

Sono le terapie intensive a rappresentare l'ultimo baluardo medico contro il Covid 19. È lì che si gioca la possibilità di salvare la vita ai pazienti più gravi. Ma quanti sono i posti letto di terapia intensiva della Regione Campania?

Analizzando le dichiarazioni delle ultime settimane viene fuori un balletto di numeri davvero impressionante: per il Ministro Francesco Boccia il 10 ottobre sono 433 i posti di terapia intensiva della Regione Campania; per il commissario straordinario all'emergenza Covid 19, Domenico Arcuri, il 28 ottobre, dopo la conferenza Stato – Regioni, sono 505; per Enrico Coscioni, consulente di De Luca alla sanità e presidente dell'Agenas sono 590.

La Regione Campania –  lo si evince dai bollettini quotidiani degli ultimi mesi – non ne ha mai dichiarati più di 243. Ma dal 6 novembre, in un solo giorno, passano da 243 a 590.  Dal 14 novembre diventano addirittura 656.

"La Regione Campania non ha creato nuovi posti letto, ma li ha riconvertiti – sottolinea Di Silverio -. In pratica ha chiuso interi reparti della Medicina Ordinaria e li ha trasformati in posti letto Covid".

Un caso di specie incredibile è quello dei posti di terapia intensiva del Covid Center dell'Ospedale del MareIn un documento del 17 ottobre dell'Asl Napoli 1 vengono indicati 72 posti di terapia intensiva disponibili nell'ospedale prefabbricato voluto da De Luca; negli stessi bollettini quotidiani sui posti letto occupati diffuso dall'Asl Napoli 1, i posti di terapia intensiva del Covid Center di Napoli diventano 16.

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C'è da chiedersi quale sia il numero che la Regione Campania inviava al governo nazionale: 72 o 16?

Ed è su casi emblematici come questo che il ministro della Salute decide il 10 novembre di inviare gli ispettori che hanno svolto proprio questo lavoro, verificare la corrispondenza dei posti letto dichiarati con quelli reali negli ospedali campani. Così mentre De Luca dichiarava: "Controllate tutto quello che diavolo volete, non abbiamo nessun problema", esattamente 2 giorni dopo l'arrivo degli ispettori, il 12 novembre, la Campania è stata dichiarata zona rossa.

L'accordo con la sanità privata

Il balzo in avanti del numero di posti letto disponibili avvenuto il 6 novembre, come riportato nel bollettino ufficiale della Regione Campania, è frutto di una serie di accordi avvenuti qualche giorno prima con i proprietari delle cliniche private. Il 29 ottobre la Regione Campania pubblica una delibera in cui si invitano i gestori della sanità privata accreditata a manifestare interesse per mettere a disposizione posti letto da alta, media e bassa intensità per l'emergenza Covid.

Nei giorni successivi, l'Aiop, l'associazione di categoria, si riunisce in seduta straordinaria all'Hotel Continental di Napoli. In quell'occasione si chiude l'accordo tra Regione Campania e sanità privata.

A spiegarcelo nei dettagli è Marco D'Acunto della Cgil Sanità privata della Campania. Per capire il suo discorso occorre sapere cosa è un Drg, acronimo di Diagnosis-related group. È il sistema che permette di classificare tutti i pazienti dimessi da un ospedale (ricoverati in regime ordinario o day hospital) in gruppi omogenei per assorbimento di risorse impegnate.

Ci sono tre fasce.  Per la fascia di bassa intensità si paga 180 euro al giorno a posto letto non occupato più il Drg al 100% .  Per la media intensità si paga 300 euro al giorno a posto letto non occupato più il Drg al 100% e infine 1.000 euro al giorno a posto letto non occupato più il Drg al 100% per i posti ad alta intensità".

Il numero di posti letto di cui dispone la sanità privata non è ufficiale. Insomma, non si sa quanti posti sono.

Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Camisa, vice presidente dell'Aioè Campania: "La Regione ci ha chiesto di mettere a disposizione dei posti letto per l'emergenza Covid – ci dice al telefono – credo che arriveremo a 1200 posti".

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Al di là di ogni considerazione di merito come sottolinea D'Acunto della Cgil: "È un dato che la Regione Campania si è fatta trovare impreparata, tanto da dover ricorrere ai posti letto delle strutture del privato accreditato in convenzione".

Ma quanto c'è costato questo accordo? Le cifre stabilite vengono pagate anche per posti letto che non vengono realmente occupati, a questo si aggiunge la tariffa del DRG (cioè la tariffa pagata dal pubblico al privato per le prestazioni in convenzione).

Ma non è finita qui.

La delibera della Regione Campania del 29 ottobre, stabilisce che queste cifre sono solo un acconto sul totale che sarà poi stabilito da un decreto del ministero della Salute che ancora non è stato emanato.

E ancora: a questi soldi si sommano le forniture per Dpi, farmaci ed altri presidi sanitari che saranno pagati ai proprietari della cliniche a parte. Insomma un accordo le cui cifre ad oggi è impossibile calcolare e che rappresenta un fiume di denaro pubblico verso i privati.

Appare quasi banale evidenziare che questo accordo così oneroso sia stato necessario perché il sistema degli ospedali pubblici da solo non riesce a tenere la pressione della pandemia, eppure è arrivato solo agli inizi di novembre, proprio mentre i dati forniti dalla Regione Campania iniziavano a destare qualche sospetto da parte degli enti di controllo nazionale, l'Istituto superiore di Sanità, la conferenza Stato-Regioni e il ministero della Salute.

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