Una vasca d’acido per sciogliere il traditore: così il clan Sautto terrorizzava il Parco Verde di Caivano
La loggia della casa del boss Nicola Sautto come quartier generale, dove incontrare gli affiliati e dove il capoclan dirmeva le questioni relative al traffico di droga, arbiter incontrastato nelle decisioni su chi dovesse spacciare, cosa, e dove. E, soprattutto, quale fosse l'obolo da versare nelle casse del clan, tra obbligo di fornitura e soldi contanti. Come avviene in Gomorra. La figura del capoclan emerge dalle indagini sul clan Sautto-Ciccarelli del Parco Verde di Caivano, che hanno portato alle misure cautelari eseguite all'alba di oggi: 47 in carcere, 3 ai domiciliari, un divieto di dimora.
Una vasca d'acido per uccidere il proprio affiliato
La serie tv, sottolineano gli inquirenti, non ha inventato nulla, è anzi una pallida imitazione di quello che accade nella realtà. E questo vale non solo per il sistema droga, ma anche per l'efferatezza che contraddistingue certe organizzazioni criminali: su uno degli affiliati al clan Sautto pendeva una condanna a morte, avevano deciso di ammazzarlo e sciogliere il suo corpo nell'acido e avevano anche già preparato la vasca. Questo episodio portò alla decisione di uno degli affiliati di abbandonare il clan e di diventare collaboratore di giustizia nonostante fosse libero.
A raccontare il retroscena è il collaboratore di giustizia Nunzio Montesano, in un interrogatorio del 2016. L'uomo, spiega il pentito, gestiva una piazza di spaccio per conto dei Sautto-Ciccarelli; a organizzare la sua morte era stato un altro camorrista, per vendicarsi di un affronto, lo schiaffo dato al padre per questioni di droga, e perché riteneva che si fosse appropriato di una sua somma di denaro. L'omicidio era stato pianificato dal carcere (nel frattempo il mandante era stato arrestato) e un altro degli affiliati fu incaricato di preparare la vasca con l'acido; non se ne fece più nulla perché era poi arrivata l'autorizzazione di Nicola Sautto per quello che avrebbe dovuto essere l'esecutore a spacciare anche le dosi di crack da 30 euro.
L'autorità di Sautto era tale che si arrogava il diritto di decidere le sorti dei criminali di Caivano anche qualora avessero commesso dei reati altrove: in un caso, hanno ricostruito gli inquirenti, un ladro era stato portato al suo cospetto perché sospettato di furto avvenuto nel deposito giudiziario del Tribunale di Nola. Proprio questo potere faceva sì che nessuno degli affiliati tentasse colpi di testa e che tutti continuassero a corrispondere quanto pattuito, a prescindere da arresti e sequestri: avvocati da pagare partite di droga sequestrate facevano parte del rischio d'impresa, i soldi al clan Sautto dovevano essere consegnati ugualmente.
Monopolio della cocaina pagato 60mila euro al mese
Quella di Pasquale Fucito, detto il marziano, è una delle figure di rilievo del Parco Verde di Caivano. Trafficante di droga, gestiva in monopolio la vendita di cocaina alle piazze di spaccio. Una posizione che si era assicurato pagando la concessione al clan Sautto: per continuare ad essere l'unico fornitore del Parco Verde pagava al capoclan 60mila euro al mese. Anche i gestori delle varie piazze erano tenuti a pagare, in cambio della protezione: si impegnavano ad acquistare la droga dal clan (la cocaina costava 36mila euro al chilo) oppure versavano un canone fisso o una percentuale sul venduto.
I killer del clan nascosti nella scuola media
L'efferatezza del clan, e del sistema criminale del Parco Verde in generale, è testimoniata anche da un altro episodio, risalente al 2013: quando era in corso lo scontro con il gruppo guidato da Massimo Gallo, i suoi fedelissimi si asserragliarono per settimane in una scuola media armati di kalashnikov mentre preparavano l'agguato al boss rivale Antonio Ciccarelli. La questione fu risolta proprio per decisione di Nicola Sautto, che in nome del denaro fermò il conflitto: Gallo non avrebbe potuto spacciare nel Parco Verde, ma avrebbe avuto via libera all'esterno e soprattutto a Marcianise (Caserta).