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Ucciso per aver detto che i boss Abbinante “sono cafoni”, risolto cold case dopo 24 anni

In manette un pregiudicato ritenuto legato al clan attivo tra Marano e Napoli Nord, l’agguato consumato nel 1999 a Scampia.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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Aveva detto che gli affiliati al clan Abbinante erano "cafoni", e questo era bastato per sancire la sua condanna a morte: retroscena dell'omicidio di Vincenzo Ardimento, ucciso 24 anni a Napoli, svelato dalle indagini che hanno portato, oggi, all'arresto di A. F., ritenuto legato proprio al clan attivo tra Marano e l'area Nord di Napoli. Nei confronti dell'uomo è stata oggi eseguita una ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

L'omicidio di Ardimento risale al 1999, qualche anno prima della Faida di Scampia che, scoppiata tra i Di Lauro e i cosiddetti Scissionisti, avrebbe coinvolto anche numerosi sottogruppi, tra i quali anche gli Abbinante. L'uomo, 27 anni, pregiudicato, venne ferito con tre colpi di pistola in via Fratelli Cervi, nei pressi dei porticati del cosiddetto Lotto T/B di Scampia; morì poco dopo, durante il trasporto all'ospedale San Giovanni Bosco.

Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di diversi testimoni di giustizia, alle quali sono seguite i riscontri investigativi della Squadra Mobile di Napoli che hanno infine portato alla misura cautelare. Il movente è stato ricondotto proprio a quell'offesa al clan, e quindi alla decisione del gruppo criminale di lavare l'insulto col sangue. Ad A. F. viene contestato l'omicidio con le aggravanti dei futili motivi e del metodo mafioso.

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