Il crollo alla Vela Celeste di Scampia

Tra gli sfollati della Vela Celeste di Scampia: parla chi da un giorno all’altro è rimasto senza nulla

“O tutti o nessuno”: è questa la condizione che oggi gli sfollati della Vela Celeste pongono alle istituzioni. Il racconto della prima notte senza casa.
A cura di Redazione Napoli
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di Gaia Martignetti e Antonio Musella

«Vedi come dorme mio figlio? È autistico grave, e dorme in una macchina stanotte». Scampia, Università Federico II. È qui che la gente delle Vele si è riunita dopo quella che tutti chiamano "la tragedia", il cui bilancio provvisorio è di tre vittime e tredici feriti, sette dei quali bambini. L'università è stata occupata , con il benestare del rettore Matteo Lorito, da chi ha visto il ballatoio della Vela Celeste crollare. «Ho tirato fuori io i bimbi. Quella scena non la dimenticherò mai». A parlare è uno degli abitanti della Vela sgomberata, che però rifugge le telecamere: «Non è il momento, non ora. Cercate di capire».

Sono raccolti all'esterno del polo simbolo della rinascita di Scampia, dove studiano e si formano gli infermieri di domani. Ed è per questo che gli sfollati hanno deciso di dormire qui e non altrove. «Se andavamo nei palazzetti, sai che succedeva? Si dimenticavano di noi e non cambiava nulla». In pochi hanno scelto di dormire nei luoghi indicati dalle istituzioni. Qua la loro voce è più forte, in molti lo ripetono.

La notte più lunga Scampia la trascorre in auto, anche intere famiglie sono in una smart, alcuni sulle panchine all'interno del polo federiciano o sulle poche brandine allestite nell'atrio. Chi può si arrangia su una poltrona. «Siamo uniti nella lotta, o rientrano tutti o nessuno», spiegano gli occupanti che rivogliono le case in cui abitavano, ma vogliono poterci vivere in sicurezza. Chi ha potuto, scortato dalla Protezione Civile, è rientrato brevemente in casa per prendere qualche vestito, effetti personali. Quello che serve per superare non una notte, ma diversi giorni. Le luci della Vela Celeste sono tutte accese, ma fuori c'è un deserto fatto di Protezione Civile e Polizia. La gente che ha vissuto per anni qui non c'è più.

Una sfollata che dorme all'Università di Scampia / foto A. Musella Fanpage.it
Una sfollata che dorme all'Università di Scampia / foto A. Musella Fanpage.it

Tutto il quartiere si riversa all'università dove arriva cibo a ogni ora dalla gente che ha una casa, ma sente forte il disagio di chi ora una tetto non sa quando potrà riaverlo. Alcuni abitanti delle altre Vele hanno scelto di dormire qui, per paura. Qualcuno cerca di distrarre i bambini, costruire un letto come può. Un'occupazione organizzata nei minimi dettagli. Chi ha dormito qui, al risveglio, ha pulito tutto. Non una carta per terra. Il polo anche per questo diventa centro di accoglienza. Perché la gente di Scampia ha dimostrato che si può.

La Municipalità nel frattempo, ha chiesto l'invio di letti e cibo, spostando qui la task force.  È qua che verranno raccolti gli aiuti. È qua che chi vuole, nel pomeriggio, porterà il sostengo che può. È così che la gente di Scampia ha passato la prima notte, la più difficile, fuori dalle Vele: mostrando la strada, anche alle istituzioni.

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