Tina Rispoli si difende: “Le sigarette? Affare di mio fratello, io non sono coinvolta”. Gli avvocati si appellano al Riesame
Sapeva che il fratello era invischiato nel contrabbando di tabacchi, ma in quell'affare lei non era coinvolta: non ha mai finanziato la fabbrica clandestina di sigarette e nemmeno sapeva dove si trovasse. È la versione che ha sostenuto davanti al gip ieri mattina Tina Rispoli, arrestata la notte del 17 ottobre insieme al marito, Tony Colombo, con l'accusa di concorso esterno per il clan Di Lauro di Secondigliano: la coppia, secondo le accuse della Procura, avrebbero sostenuto economicamente le attività imprenditoriali, lecite e non lecite, del boss Vincenzo Di Lauro, secondo figlio del padrino "Ciruzzo il Milionario". Complessivamente sono finite in manette 27 persone.
Tina Rispoli al gip: "Mai finanziato il contrabbando di sigarette"
La coppia è assistita dagli avvocati Carmine Foreste e Maria Carmela Fiorita Nardi; gli indagati hanno presentato richiesta a Riesame contro la misura cautelare, probabilmente l'istanza verrà esaminata la prossima settimana. Ieri mattina Tina Rispoli, dopo le prime due notti in carcere, ha risposto per quasi mezz'ora alle domande del gip, fornendo la sua versione su quelle intercettazioni che sono state alla base della misura cautelare.
La vicenda della fabbrica di sigarette (sequestrata dalla Guardia di Finanza pochi giorni dopo la conclusione dell'allestimento) risale al dicembre 2018. Secondo le accuse la donna avrebbe finanziato l'attività con 35mila euro, provento di un prestito. Tina Rispoli ha sostenuto in sostanza di essere a conoscenza, seppur non nei dettagli, degli affari in cui era coinvolto il fratello, Raffaele Rispoli, ma di non avervi mai preso parte, né a livello organizzativo né come mera finanziatrice.
Tony Colombo al gip: "Con Vincenzo Di Lauro solo discorsi tra imprenditori"
La stessa linea è stata adottata da Tony Colombo, che è stato ascoltato due giorni fa. Dando la sua versione sulle intercettazioni che lo coinvolgono, anche l'artista palermitano ha confermato sostanzialmente di sapere che il cognato contrabbandava sigarette, ma ha aggiunto di non avere avuto nessun ruolo in quella attività. In merito al brand di abbigliamento "Corleone", attivo solo per pochi mesi e che secondo le accuse sarebbe stato ideato dal cantante e dal boss, Colombo ha confermato di conoscere Vincenzo Di Lauro ma ha spiegato di avere avuto con lui soltanto dei rapporti di commerciali per la distribuzione dei capi di abbigliamento nel suo negozio di Secondigliano.