Test a Medicina, De Luca legge i messaggi dei ragazzi che vogliono l’abolizione dei quiz
Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca si scaglia ancora contro il numero chiuso per l'accesso alla Facoltà di Medicina. La battaglia del governatore si è sostanziata in una proposta di legge presentata dalla giunta regionale; De Luca è detto pronto anche alla battaglia in Corte Costituzionale.
Questa volta il presidente durante la diretta del venerdì ha letto i messaggi inviati da studenti, familiari e persone che hanno avuto a che fare con il mondo dei test universitari di Medicina e che si sono schierati a favore della battaglia per l'abolizione. «Mi è arrivata un'altra lettera, ve la leggerò qualche altra volta, di uno che insegna, un docente dell'università di Catania che molti anni fa non ha superato i test», inizia.
Poi De Luca continua nel racconto:
Se ne è andato a studiare in America, è diventato uno dei principali ricercatori nel campo sanitario, è ritornato in Italia, è diventato docente universitario. Ora lui insegna a quelli che studiano medicina e per suo puntiglio ha voluto fare i quiz.
È stato bocciato ai quiz. Questo insegna all'università, ma cosa è sta cosa? Ma non ci sono parole per descrivere il livello di cialtroneria che abbiamo creato in Italia.
Con questo marchettificio, con questo giro di centinaia di milioni con i quali fanno affari sulla pelle dei nostri ragazzi.
Ormai l'argomento per De Luca è diventato un mantra che ripete a più riprese in quasi tutti gli interventi pubblici a cui partecipa. È accaduto anche due giorni fa al Centro Congressi della Federico II, durante un discorso: in quell'occasione aveva denunciato la situazione dei giovani che «Se ne vanno in Albania, in Romania, in Bulgaria… mi scrivono mamme che stanno vivendo una crisi drammatica».
Poi ammette come la selezione sia "indispensabile" «ma non fai la selezione sulla base della povertà che ha una famiglia» continua riferendosi al costo proibito che hanno i corsi di preparazione ai test. «Apriamo dopodiché un anno, due anni, chi non studia se ne va. Ma la selezione è nel merito, non sulla condizione economica della famiglia o su dei test che sono assolutamente demenziali».