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Terra dei Fuochi, la Corte Europea condanna l’Italia: “Rischi gravi, reali ed accertabili”

La Cedu condanna l’Italia con sentenza definitiva, ma non accoglie tutti i ricorsi presentati da 41 persone e 5 associazioni. I rischi considerati “gravi ed accertabili”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Immagine di repertorio
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La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l'Italia, con sentenza definitiva, per la Terra dei Fuochi, ordinando allo Stato di introdurre misure generali in grado di affrontare il fenomeno dell'inquinamento. Non tutti i ricorsi, presentati da 41 persone e 5 associazioni, sono stati accolti. Per i giudici è vero che vi sarebbe un rischio per la salute e la vita considerato "sufficientemente grave, reale ed accertabile", ma anche che non vi sarebbero "prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell'affrontare la situazione della Terra dei Fuochi".

Secondo la Corte Europea dei Diritti Umani, inoltre:

Data l'ampiezza, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato.

A Fanpage.it ha parlato anche l'avvocato Valentina Centonze, del Foro di Nola, una dei legali che ha portato davanti la Cedu le istante di cittadini e associazioni assieme agli avvocati Antonella Mascia del Foro di Verona, Ambrogio Vallo del Foro di Napoli Nord e Armando Corsini del Foro di Napoli. Centonze ha definito a Fanpage.it "sentenza storica" quella emessa questa mattina dalla Corte Europa dei Diritti Umani, che ha dato tempo due anni all'Italia per una "strategia correttiva" per il problema della Terra dei Fuochi. Storicità della sentenza dovuta, spiega ancora l'avvocato Centonze, al fatto che è stata accertata "la violazione del diritto alla vita", nonché "che ci sono state delle attività omissive da parte dello Stato italiano che non ha saputo fornire adeguate tutele ai cittadini.

La Cedu ha ritenuto invece che le associazioni mancherebbero della legittimazione necessaria ad agire per conto dei loro membri e dunque non "direttamente interessate" dalle presunte violazioni derivanti da un pericolo per la salute dovuto all'esposizione dell'inquinamento, mentre per alcune delle persone che avevano presentato ricorso non ci sarebbero prove sufficienti a dimostrare che i loro parenti vivessero in aree interessate da questo fenomeno.

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