La smart card Covid di De Luca: storia, polemiche e fallimento. Ora rischiano di costargli molto care
Oggi se ne può parlare (relativamente) senza ansia. Ma quando furono annunciate le smart card, o meglio il “passaporto vaccinale" Covid della Regione Campania, in tutta Italia la paura era il sentimento dominante. Breve contesto: era l'anno 2021 e dopo la prima paura conseguente al virus sconosciuto, i ricoveri, le Rsa e gli ospedali pieni, le file di ambulanze, c'erano stati i lockdown e i coprifuoco e si andava avanti ad «ondate» e percentuali di positivi diffuse giorno dopo giorno. I vaccini anti-Covid erano stati diffusi e la massiccia campagna vaccinale era iniziata.
Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, per tutta la fase acuta della pandemia si era contraddistinto per le sue dirette video social molto chiare e per gli innumerevoli attacchi ai due governi che si sono succeduti nella fase pandemica. Parliamo del secondo esecutivo guidato Giuseppe Conte, a trazione M5S-Pd-LeU e quello di Mario Draghi ad ampia coalizione, sostenuto col centrosinistra anche da pezzi del centrodestra (Lega Salvini e Forza Italia) e dai centristi di Renzi.
De Luca sosteneva che i governi fossero lenti nel prendere provvedimenti anti-contagio; dunque fra quelli che decise di anticipare (lo fece anche con molte delibere di lockdown, chiusura scuole e per obbligo di mascherine) vi fu il passaporto vaccinale. In sintesi: un pezzo di carta che mostrasse al momento necessario che tizia o caio fossero effettivamente vaccinati contro il virus Sars-CoV2.
A marzo di quell'anno furono consegnate 170.000 card di avvenuta vaccinazione al personale sanitario della Campania che aveva completato la somministrazione con la seconda dose, ma la Regione Campania, con un appalto per la fornitura di smart card “attestato di vaccinazione” anti Covid19 ne ordinò circa 3 milioni e mezzo, da personalizzare e consegnare presso i punti di distribuzione, coincidenti con i siti vaccinali o sedi di Distretti Sanitari e i cui dati sarebbero stati inclusi nel database di Sinfonia, il sistema informativo sanitario regionale progettato per supportare l'intero Servizio Sanitario in Campania. La ragione che secondo Vincenzo De Luca giustifica la spesa pubblica era la necessità di ritornare a parziale normalità e salvare il salvabile dell'imminente stagione estiva:
L'obiettivo è utilizzare tale certificazione per rilanciare interi settori economici, in particolare il comparto turistico, cercando di legare la straordinaria offerta dei nostri territori alla certificazione di immunità degli operatori del settore.
In pratica, secondo i piani iniziali, questo sistema di certificazione di avvenuta vaccinazione, guarigione o negatività sarebbe stato condizione necessaria per la fruizione di innumerevoli servizi come quelli turistici, di wedding, trasporti e spettacoli. Ma non è andata così.
Furono spesi 3,7 milioni di euro e le smart card (dentro vi era un identificazione a radiofrequenza, ovvero tag RFID) arrivarono poco prima il varo del green pass, ovvero la Certificazione verde Covid-19 che tutti noi abbiamo imparato a conoscere, diventata poi necessaria per spostarsi in Italia e all'estero. Nel giugno 2021, De Luca appariva sicuro della totale efficacia del suo tesserino regionale e dichiarava:
Sento parlare di questa Green pass. Noi abbiamo anticipato di 4 mesi la green pass, stiamo distribuendo la card di avvenuta vaccinazione che garantisce ancora di più la ragione della privacy. Noi continueremo a distribuire la nostra tessera.
Però non stava andando tutto liscio. Anzi. Poco prima di giugno il Garante della Privacy aveva bastonato la Regione Campania bocciando le card locali: «Le sue card violano la normativa sulla privacy».
La seconda mazzata fu sulla distribuzione: quando arrivò il green pass questa tesserina che qualcuno definiva «color blu De Luca», perché uguale ai manifesti di comunicazione regionali, passò in secondo piano. Era più importante e universalmente accettato il pass nazionale, che senso aveva un'altra tessera? La distribuzione iniziava a rallentare e le Asl non le fornivano più all'utenza.
Il finale è arrivato a marzo 2024: dopo un'inchiesta della Corte dei Conti partita nell'agosto 2023, De Luca e tutti gli altri componenti dell'unità di crisi della Regione sono stati rinviati al giudizio della magistratura contabile per sperpero di denaro.