Storia dell’Osservatorio Vesuviano, l’istituto di vulcanologia più antico del mondo
L'Osservatorio Vesuviano è il centro studi di sismologia e vulcanologia più antico del mondo e tra i più prestigiosi, autentico punto di riferimento per tutti quelli che studiano i vulcani. Scienziati da tutto il mondo arrivano per fare ricerca nell'istituto scientifico che ha l'obiettivo di studiare i vulcani e i fenomeni sismici, si trovava alle pendici del Vesuvio: la sede dei laboratori di ricerca invece si trova nel quartiere di Fuorigrotta.
Attualmente, l'osservatorio è parte integrante dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), costola del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e continua a essere un centro di ricerca di riferimento per gli eventi vulcanici nella regione campana. Con il direttore Mauro Antonio Di Vito alla guida, l'osservatorio continua a contribuire alla conoscenza scientifica nella zona del Vesuvio e dei Campi Flegrei. Fondato nel 1841, nel corso degli anni, ha avuto diversi direttori che hanno contribuito alla comprensione dei vulcani e dei terremoti nella regione. L'Osservatorio Vesuviano ha collaborato a numerosi studi e ricerche scientifiche, diventando una risorsa fondamentale per contribuire alla mappatura dell'attività vulcanica mondiale.
La nascita dell'Osservatorio nel 1841
La sua storia inizia dopo l'eruzione del 1631, quando il Vesuvio comincia con un lungo periodo attività che richiese un monitoraggio sul finire del XVII secolo. Questo attira le preoccupazioni di re Carlo di Borbone. Iniziano così i primi studi con l'impiego del magnetismo: nel 1767 Giovanni Maria della Torre esegue rilevazioni usando le declinazioni magnetiche e appena 50 anni dopo il Vesuvio diventa il vulcano più studiato al mondo. Visto il crescente interesse degli scienziati, le accademie scientifiche internazionali chiedono la costruzione di un centro di ricerca dove poter concentrare tutti i loro sforzi e i dati raccolti. Ferdinando II di Borbone acconsente, su spinta del suo ministro dell'Interno Nicola Santangelo. Un primo passo è l'osservatorio meteorologico affidato al fisico Macedonio Melloni.
Nel 1845, il ministro Santangelo cerca di convincere il Re a radunare a Napoli tutti i maggiori scienziati italiani, e molti anche stranieri, per il VII Congresso degli Scienziati Italiani. Confuso dai suoi cortigiani e collaboratori, alla fine il sovrano approva. «Spirava l’aura mossa dal Gioberti – osserverò Luigi Settembrini – e il Re, che sapeva di essere tenuto come nemico di ogni sapere, per mostrar falsa l’accusa, volle il Congresso, ed ordinò che gli scienziati fossero accolti ed ospitati splendidamente, ed invitati anche a Corte». L'evento centrale del Congresso diventa proprio l'inaugurazione dell'Osservatorio Vesuviano, nonostante i lavori non ancora finiti e con i laboratori vuoti. Bisogna aspettare altri due anni per il completamento della costruzione, entra in funzione il 16 marzo 1848 ma senza Melloni, designato come primo direttore e destituito durante i moti del '48 per le sue idee liberali.
L'era di Luigi Palmieri
Nel 1856 Luigi Palmieri diventa direttore dell'Osservatorio: aggiunge una torretta meteorologica, dove posiziona gli strumenti acquistati da Melloni, poi inventa, costruisce e installa il primo sismografo elettromagnetico, dimostrando la relazione tra i fenomeni vulcanici e sismici, è il primo ad accorgersi del bradisismo della zona Flegrea, negli Annali dell’Osservatorio Vesuviano c'è uno scritto che risale al 1859, dove racconta:
Ne’ mesi di ottobre e novembre 1855 io avvertii alcune piccole scosse di terremoto le quali passavano inosservate per chiunque non si trovasse fermo […] quindi vidi la necessità di uno strumento che di per sé stesso registrasse quelle piccole commozioni del suolo. Allora io immaginai il mio sismografo elettromagnetico […] ordinato a rendere palesi i più piccoli moti del suolo registrandoli sulla carta ed indicandone la direzione, la intensità e la durata.
Nel 1862, Palmieri stende un programma di ricerca basato su una rete di stazioni per monitorare vari parametri, aprendo la strada a un approccio moderno. L'Osservatorio riesce a resistere anche all'eruzione del 1872, in quell'occasione viene circondato dalla lava e isolato per giorni. Solo pochi giorni prima un gruppo di studenti, incuriositi dal fenomeno si avvicina troppo ad un torrente di lava, perdendo la vita. Palmieri, che si trovava a Napoli in quel momento, rimane colpito dalla cosa e decide di non allontanarsi mai più dai laboratori.
Gli ultimi decenni del secolo vedono il direttore sempre più isolato dalla comunità scientifica, fece perdere all'Osservatorio il suo ruolo scientifico e politico come guida agli studi di vulcanologia e sismologia in Italia. Tuttavia Palmieri rimane in carica fino al 1896, anno della sua morte. Eugenio Semmola assume la direzione temporanea e nel 1903 inizia il periodo di Raffaele Vittorio Matteucci. Subito dopo il suo insediamento Matteucci scrive in una lettera dattiloscritta all'amico e ingegnere americano Frank Alvord Perret, che risale al 1904:
Infatti, se da un tempo immemorabile il Vesuvio attrae i viaggiatori […] ora, dopo l’impianto della Funicolare e della Ferrovia elettrica, i visitatori del vulcano sono in considerevole e progressivo aumento. Però i visitatori del Vesuvio, che restano soddisfatti della gita, si limitano, più che altro, a sem- plici curiosi; gli scienziati […] se ne ritornano disgustati e con l’umiliazio- ne dello scrivente preposto alla Direzione dell’Osservatorio.
Negli anni di Matteucci ci sarà anche la più imponente eruzione del Vesuvio del Novecento, che dura 18 giorni dal 4 al 22 aprile 1906. Il direttore la segue da vicino e la descrive all'amico Perret con una serie di telegrammi. Matteucci spiega a Perret come le istituzioni pubbliche siano indifferenti ai fenomeni eruttivi, delle condizioni in cui versa Osservatorio, del suo isolamento. Parte una polemica che si sposta sulle colonne de Il Giorno, dove viene pubblicata la corrispondenza. In particolare Matilde Serao accusa Matteucci di voler abbandonare il Vesuvio al più presto. Le accuse sono infondate perché nei telegrammi Matteucci lamenta solo un senso di impotenza dovuta alle poche risorse e cerca di sollecitare le istituzioni. Non si allontana mai dal Vesuvio tanto che il suo impegno viene riconosciuto dal Governo con una medaglia d'oro. Nel 1909 Matteucci muore, e Ciro Chistoni assume temporaneamente la direzione, fino all'arrivo di Giuseppe Mercalli.
La direzione di Giuseppe Mercalli
Quando assume la direzione dell'Osservatorio, Mercalli non è solo un rinomato esperto di sismi ed eruzioni: ha già fissato la scala d'intensità dei terremoti che porta ancora il suo nome e conosce bene il Vesuvio. Progetta una riforma per l'Osservatorio Vesuviano, che comprende lo studio del vulcano e delle sue eruzioni, la registrazione delle attività, l'analisi e lo studio dei materiali vulcanici, l'indagine sui precursori e sperimentazioni di laboratorio. Mercalli ritiene che l'Osservatorio debba uscire dalla struttura universitaria e costituirsi autonomamente come l'Istituto Vulcanologico Italiano, coordinando diverse sedi nel territorio napoletano. Il suo progetto viene interrotto dalla scomparsa nel 1914, causata da un incendio domestico. L'approccio visionario di Giuseppe Mercalli getta le basi per quello che oggi è l'Ingv.
Per dieci anni l'Osservatorio non ha un vero e proprio direttore: da Alessandro Malladra, già collaboratore di Mercalli, a Ciro Chistoni, sono tutti studiosi che assumono temporaneamente la direzione. Nel 1923 la gestione passa al Comitato Vulcanologico Universitario. Nel 1927 Alessandro Malladra diventa direttore. Vulcanologo originario di Torino, nel 1910, dopo l'incontro con Mercalli, diventa assistente all'Osservatorio Vesuviano. Malladra cerca di portare avanti il progetto del maestro, promuovendo attività sismologiche e osservazioni vulcaniche accurate. Stabilisce relazioni con vulcanologi internazionali e si da affiancare da Giuseppe Imbò, che prende il suo posto.
Nel 1936 Giuseppe Imbò diventa direttore, grande conoscitore del Vesuvio essendo cresciuto tra Napoli e Procida, che quasi riesce a predire l'eruzione del Vesuvio del 1944. All'arrivo degli alleati l'Osservatorio viene requisito e usato come stazione meteorologica, Imbò viene stipato in una stanza con la famiglia, ma riesce a cogliere i primi segnali dell’eruzione grazie ad un sismografo. Con questo unico strumento a disposizione rileva l’attività sismica, un tremore continuo dovuto al movimento del magma. Imbò capisce che l’eruzione è ormai vicina: va a piedi a Ercolano e a Napoli per avvisare le autorità e gli alleati, ma non viene creduto. Dopo pochi giorni il Vesuvio erutterà. Imbò è considerato uno dei padri della sismologia vulcanica, le sue ricerche si concentrano sull’analisi del tremore vulcanico ma il campo dei suoi interessi spazia dagli studi gravimetrici, geoelettrici e magnetici, che cercano di predire le eruzioni. Già negli anni Sessanta Imbò dà inizio a un complesso programma di sorveglianza geofisica del vulcano che si è sviluppato nel tempo. Nel 1970 inizia ad essere rilevalo il bradisismo del complesso vulcanico dei Campi Flegrei, parte di Pozzuoli viene evacuata. Imbò viene congedato per limiti di età.
Nel 1971 Paolo Gasparini diventa direttore, ma l'Osservatorio è già da anni gestito in ristrettezze economiche: non ci sono progetti di espansione, anche se c'è la possibilità di assumere personale. Per questo Gasparini avvia una massiccia campagna di assunzione, tanti giovani studenti entrano nei laboratori vesuviani appena laureati in tutti i gruppi di ricerca dell’Istituto di Fisica Terrestre, di cui è reggente. Dopo il terremoto del 1980 dell’Irpinia cerca di migliorare la rete sismica. L’Osservatorio viene equipaggiato con un adeguato calcolatore per localizzare gli epicentri dei terremoti e si modernizza la rete dei sensori. Nel 1983, l’Osservatorio è chiamato a gestire l’emergenza del bradisismo flegreo che va dall'82 all'84. Giuseppe Luongo esperto nella valutazione del rischio sismico, già consulente per diversi enti pubblici, diventa direttore. Lo succede Lucia Civetta nel 1993 attiva nello stesso settore.
Nel 2001, l’Osservatorio diventa sezione di Napoli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), con non poche polemiche. L'Osservatorio ha sempre avuto un rapporto con le istituzioni locali, soprattuto delle aree più a rischio come quelle della zona vesuviana e flegrea, lavora negli anni a stretto contatto con i sindaci di quei paesi. Gli stessi organizzano diverse proteste e manifestazioni per impedire l'accorpamento all'ente del Cnr, sostenendo che avrebbe privato l'Osservatorio vulcanologico più antico del mondo di prestigio e autonomia nel controllo del territorio. Nonostante l'Osservatorio non abbia più un inquadramento universitario gestito dal Mur, i direttori e primi ricercatori continuano a provenire dall'Università degli studi di Napoli Federico II.