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“Sono stanco davvero”: si pente Cimmino, il boss del Vomero. Il camorrista nel 2018 finse di collaborare

Luigi Cimmino, capoclan del Vomero, si è pentito. Nelle scorse ore depositati i primi verbali da collaboratore di giustizia.
A cura di Nico Falco
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L'arresto di Luigi Cimmino nel 2015
L'arresto di Luigi Cimmino nel 2015

Si è pentito il boss Luigi Cimmino, capo dell'omonimo clan del quartiere Vomero, zona collinare di Napoli. La volontà di diventare collaboratore di giustizia è stata espressa nelle scorse settimane, i primi verbali, quasi tutti secretati, sono stati depositati oggi, 15 aprile, dai pm Celeste Carrano ed Henry John Woodcock durante il processo contro l'Alleanza di Secondigliano. Il 60enne avrebbe manifestato l'intenzione di cambiare per sempre vita, chiudendo definitivamente col suo passato criminale: "Sono stanco davvero – avrebbe detto – e mi sento pronto"

Sono molte le cose che Cimmino potrebbe raccontare, svelando decenni di storia della camorra napoletana: dai suoi primi passi nella malavita organizzata, a suo dire quando aveva appena 13 anni, fino agli accordi trasversali tra le cosche, le infiltrazioni nel tessuto commerciale e imprenditoriale, i colletti bianchi che hanno sostenuto, o magari foraggiato, i boss che si sono alternati. E potrebbe fornire nuovi retroscena sull'omicidio di Silvia Ruotolo, uccisa durante un agguato di camorra, centrata dalla pallottola che Rosario Privato, sicario del clan Alfano, aveva esploso contro Salvatore Raimondi, del rivale clan Cimmino-Caiazzo.

Camorra e ospedali, arresti nel clan Cimmino

Ma Luigi Cimmino potrebbe parlare anche di vicende molto più recenti, come l'infiltrazione della camorra negli ospedali napoletani e la gestione di appalti interni e collegati. Se il San Giovanni Bosco era praticamente nelle mani dei Contini, infatti, le recenti inchieste hanno dimostrato che il clan del Vomero controllava le attività illecite collegate alla gestione del Cardarelli, del Policlinico Federico II e degli ospedali dell'Azienda dei Colli (Cotugno, Cto e Monaldi).

Per quella vicenda Cimmino è attualmente sotto processo; l'udienza per le richieste di rinvio a giudizio, che si sarebbe dovuta tenere oggi nell'aula bunker davanti al gup Maria Luisa Miranda, è stata rinviata al 18 maggio per consentire di valutare riti alternativi. Con l'ultima inchiesta era finito in carcere anche Marco Salvati, titolare de facto della Croce San Pio e protagonista dell'inchiesta giornalistica "Croce Nera" di Fanpage.it, che secondo gli inquirenti aveva stretto un accordo proprio coi Cimmino per favorire la propria attività di ambulanze private.

Il finto pentimento del 2018 del boss Cimmino

Nel 2018 Luigi Cimmino aveva già avviato un percorso di collaborazione, che si era però interrotto quando i magistrati si erano resi conto che, in realtà, si trattava solamente di un finto pentimento, di un escamotage per avere dei benefici sulla pena che gli restava da scontare. La circostanza viene citata anche nell'ultima ordinanza che ha coinvolto il clan Cimmino, quella sulle infiltrazioni della camorra negli ospedali che aveva portato a 40 misure cautelari nell'ottobre 2021 e che aveva sancito il ritorno in carcere del 60enne, scarcerato soltanto pochi giorni prima.

Intercettato mentre parlava coi familiari durante la detenzione, Cimmino aveva spiegato che la sua sarebbe stata una "mezza collaborazione", che avrebbe fatto soltanto "scansare, diciamo, questo 41 e per scansare, diciamo, la casa lavoro a 41". Un sistema, insomma, per ottenere gli arresti domiciliari fornendo agli inquirenti informazioni manipolate o carenti e di riprendere il comando del clan. Il proposito, avevano rilevato i magistrati nell'ordinanza, "miseramente fallito all'esito dei primi interrogatori esplorativi condotti da questo uffici di Procura e da quanto emerso chiaramente dai colloqui registrati presso la struttura carceraria" dove all'epoca si trovava detenuto (il carcere di Opera, a Milano).

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