Sono entrato nella Casa dei Figli di Mouse, il Grande Fratello napoletano
A Napoli, era l'anno prima del nuovo millennio, alla facoltà di Sociologia dell'Università Federico II, ad un bel convegno con alcuni tra i più importanti cantautori partenopei, Bennato, i 99Posse e gli Almamegretta, insieme ad un collega facemmo salire provocatoriamente in cattedra pure il neomelodico Luciano Caldore.
I rappresentanti di quella musica, all'epoca al massimo del fulgore, per alcuni erano degli alieni. Suscitavano in parte della città disprezzo e in alcuni addirittura schifo. Però dai vicoli risuonavano solo quelle melodie, belle o brutte che fossero. Caldore fu bravo, disse un sacco di cose di vita vera, fu applaudito e facemmo un buon pezzo.
Qualche anno prima era successa la stessa cosa ma in piazza, con i movimenti dei disoccupati organizzati che bloccavano ogni giorno la città coi loro cortei. «Non sanno nemmeno parlare e vogliono pure lavorare?» era l'opinione di parte della città. Però in piazza portavano centinaia di persone ogni giorno, col carico di richieste in alcuni frangenti improponibili. Io avevo letto il libro di Fabrizia Ramondino che negli anni Settanta intervistava i senza lavoro organizzati, dal titolo “Ci dicevano analfabeti”. Anche in quel caso ascoltai. Alcuni avevano storie potenti e disperate. Pure quello fu un modo per capire e far capire a chi leggeva chi era quella gente, cosa si muoveva in città.
Veniamo ai giorni nostri: l'anno scorso il nemico erano i percettori del reddito di cittadinanza, descritti come figure mitologiche a metà tra un parassita nutrito a soldi pubblici e la volpe imbrogliona di una favola greca. Anche le loro storie sono state ascoltate. Disperazione e fame, in parte molta ignoranza e un po' di opportunismo. È la povertà: rende tutto storto, brutto, infame.
Tutto questo paraustiello, questo preambolo (grazie, dialetto, per i tuoi ispanismi) per dire che se ti dicono che sta nascendo «il reality dei più famosi Tiktoker napoletani» occorre andare a vedere per capire. Perciò eccoci a oggi. Si chiama “Figli di Mouse” (tradotto i napoletano sarebbe figlie ‘e zoccola) è realizzato in uno dei locali di una grossa villa per cerimonie alle pendici del Vesuvio. L'idea era andare a vedere il backstage. È finita che sono entrato in diretta con loro (ma ci arriviamo con calma).
Il format di Figli di Mouse
La produzione ha concentrato per un numero di ore (serali) in un luogo chiuso e senza l'immancabile cellulare, la crème de la crème del panorama napoletano fiorito su TikTok, quel social cinese, dove ognuno può diventare un personaggio e ha acceso riflettori e telecamere per trasmettere in diretta internet le loro interazioni su varie piattaforme social.
Ogni tanto nello show si apre la porta ed entrano vari soggetti che pongono domande o propongono attività. Nel mezzo c'è una cena, ci sono attività ludiche e c'è pure una “stanza”. Mi chiedono di non chiamarla “confessionale” e c'è un motivo che a breve capirete.
Piccolo inciso: come si diventa influencer su Tiktok? Basta farsi seguire. Pare facile. Una delle più note creator napoletane, NewMartina, al secolo Carmen Fiorito, quella che di mestiere cambia cover e pellicole protettive ai cellulari mi raccontò che la domanda è pressoché quotidiana: «È una cosa che sanno fare tutti? Dunque perché hai successo?». La sua risposta è sempre la stessa: «Se sanno farla tutti fallo pure tu». Ineccepibile se ci pensate.
Chi c'è nella casa dei “Figli di mouse” e la diffida di Endemol per il Grande Fratello
Nella casa vesuviana sono stati reclutati dodici tiktoker da centinaia di migliaia di seguaci (lo scrivo almeno una volta in italiano) la gran parte dei quali molto popolari a Napoli e nella sua area metropolitana.
Enzo Bambolina (332.000 follower su TikTok) è il presentatore. Poi la più nota, Rita De Crescenzo (1,6 milioni); la sua fedelissima, Laura La Divina (108 k); Antonio Gemignani, nome d'arte Papusciello (148 k); Giusy detta Mucella, venditrice di spighe (quasi 38 k); Salvo Salemi (466 k) e suo figlio Luigi (988 k), ovvero i due milanesi.
E, ancora, da Torre Annunziata, nonna Milina Gatta e suo nipote Giuseppe D'Anna (3,6 milioni). Puntellano lo spettacolo gli attori Francesca Squillace, Salvatore Ferdinandez, e Vittorio Anthony Obiechefu.
All'inizio qualcuno ha usato la definizione «Il grande fratello napoletano». Ne hanno avuto a male non gli eredi di George Orwell, autore del libro “1984”, bensì la Endemol Shine Italy produttrice del Grande Fratello (e derivati) televisivo, in Italia in onda su Mediaset. In un batter d'occhio ha spedito la letterina di diffida, per la serie «non vi permettete nemmeno».
Il produttore e ideatore del format, Massimiliano Triassi – la sua azienda si chiama Max Adv e produce numerosi format in onda sul web e sulle tv locali campane – l'ha presa sportivamente. E ha tassativamente vietato a chi è nel reality ogni accenno o riferimento al Gf.
Pubblico, commenti e l'effetto moltiplicatore da Youtube a Tiktok
Il modello è – a suo modo – una intuizione brillante: “Figli di Mouse” va in onda dalle 21 all'una di notte fino a fine marzo, è trasmesso su Youtube e sfrutta anche l'effetto moltiplicatore dei profili degli influencer ospiti del programma: ognuno rilancia una live della trasmissione su TikTok.
Dunque il pubblico di base è – come si dice – già «in target»: chi li segue non fa altro che continuare a seguirli. E poi si sfrutta palesemente la memizzazione e la parcellizzazione dello show in mini clip da ripostare sui propri profili.
Mentre nei network televisivi questa attività la fanno gli uffici stampa e i social manager, qui lo si lascia fare agli utenti, senza i problemi di copyright che hanno i media mainstream che veicolano i loro prodotti sui loro account e sulle loro piattaforme. Spiega il produttore: «Sulla nostra pagina Youtube noi lasciamo l'intera diretta. La gente prende punti che ritiene interessanti e li ricondivide».
Nei primi tre giorni “La casa di Figli di mouse” ha raccolto 460mila views sulla pagina ufficiale di Youtube, circa un milione di commenti in chat durante le live e ovviamente un effetto moltiplicatore sui vari social da Instagram, a X (l'ex Twitter) fino, ovviamente a Tiktok.
Ma come guadagna “La casa di Figli di mouse” ?
Non è tv e non vuole esserlo quindi niente spot. Dunque il guadagno dov'è? «Abbiamo gli sponsor distribuiti nella casa. E abbiamo anche aggiunto sulla diretta un banner grafico per dare più risalto». Dunque esattamente come fa Banijay, Mediaset, Fremantle, la stessa Rai, c'è il product placement, ovvero la raffinata (e remunerativa) arte di posizionare prodotti da vendere in narrazioni senza farle sembrare una marchetta. Dodici telecamere, microfoni ovunque e una regia attrezzata tra torte di nozze e addobbi per i diciottesimi del locale che ospita lo show, una voce fuori campo, quella tenebrosa di Flavio Sly, che sgrida chi eccede, detta i tempi dell'evento. Lo speaker è collocato con un monitor a pochi metri dal pass della grossa cucina del ristorante. Poi tecnici, scenografi, fonici, un autore, Daniele Violante, regista e assistenti, sistemisti che si occupano della messa on-line. È tecnicamente uno show a tutti gli effetti.
La storia di Enzo Bambolina
Ma veniamo alla forma, a quello che c'è dentro. Vincenzo Galasso, nome d'arte Enzo Bambolina è il presentatore. Premessa: è molto perspicace, dal personaggio che interpreta sui social non si coglie. Ha sempre avuto un piede nell'organizzazione degli eventi privati, fino a qualche anno fa lavorava anche in un deposito di accessori (borse e affini).
Racconta: «Poi abbiamo chiuso e io ho pensato di mettermi a fare solo questo. Durante il periodo del Covid io facevo dirette su TikTok, gli scherzi telefonici… io sono sempre stato così. E ora faccio soltanto questo nella vita. Sta andando bene. Però ti voglio dire una cosa: molta gente non si rende conto che quando si accende un cellulare in diretta c'è tanto di recitato. Mica solo qui, pure nelle tv nazionali. E accadeva pure prima dei social. Sono trash? Per me è libertà, la possibilità di fare cose divertenti per intrattenere la gente, perché c'è molta più spazzatura nei programmi della tv nazionale».
Enzo Bambolina discetta del Grande Fratello Mediaset ripulito da Pier Silvio Berlusconi e ricorda la “Buona Domenica” di Maurizio Costanzo e prima di andare in onda e chiudersi nella casa fino a notte mi ricorda sorridendo che qualche pezzo di Fanpage.it non gli è piaciuto. Ma tant'è. E in fondo è più fair di certi politici o imprenditori che si arrabbiano per lo stesso motivo. Sarà interessante capire invece Rita De Crescenzo che ne pensa, visto che su lei e su sue varie vicissitudini gli articoli negli anni si sono sprecati.
Figli di mouse live: il racconto della serata in diretta
Ed ecco la questione: per interagire coi protagonisti di questa sorta di Grande fratello napoletano occorre per forza entrare in diretta perché loro sono chiusi nella casa e da lì non si muovono fino a tarda notte. «Sarebbe interessante – dice il produttore – perché non se lo aspettano. Però decidi tu, se sei a tuo agio o meno non voglio metterti in difficoltà». Quando dice così scatta l'effetto Marty McFly vs. Biff Tannen di “Ritorno al futuro”. Ovviamente sfida raccolta: si entra e si interagisce. Si va a soggetto ed è giusto così.
Fenomenologia di Rita De Crescenzo
Vengo presentato da Enzo che dice ovviamente in che ruolo sono lì. Rita De Crescenzo chiede subito: «Di quale televisione?». In realtà sapeva già chi fossi, voleva farmelo ridire in diretta. L'atmosfera è di curiosità, la voce fuori campo fa sedere tutti e vengo presentato.
Dico una cosa semplice semplice: sapete che siete trash e che vi riconoscono come trash? Spiego loro a grandi linee la definizione di trash, introduco la parola “spazzatura” e lì si scatena la discussione, si va in scena. Sono abituati alla one-to-one con il cellulare e al rapporto coi followers non ad un interlocutore che ribatte e fa domande.
Quando qualcuno si accalora si alza in piedi e viene a dire le cose “nfaccia” ,cioè a pochi centimetri di distanza. La bolla prossemica si accorcia, le voci si alzano. Si passa dal livello pubblico a quello personale: fossimo fuori sarebbe interpretata come una intimidazione, una ostilità. Ma non è nulla di tutto questo: in questo momento sono io la pubblica opinione e qualcuno accorcia le distanze, come farebbe col cellulare. Ho visto una puntata del Grande Fratello vero: succede la stessa cosa tra i concorrenti.
Entriamo nella dinamica del gruppo sociale, ovviamente influenzata dal mezzo (la diretta, loro sono coscienti di essere in diretta social e agiscono coerentemente con il loro personaggio). Anni di teoria dei gruppi social hanno identificato la leader come quella persona che può influenzare gli altri membri di un gruppo più di quanto sia essa stessa influenzata. E in questo contesto lo è sicuramente Rita De Crescenzo che si alza, pone domande e si autodefinisce. Dice che i giornalisti dovrebbero apprezzare la sua storia «…con quello che ho passato e ora quello che sono!».
Laura la Divina, transgender di 43 anni, non si stacca mai da lei e annuisce. La storia di Laura è complicata e qualche mese fa ha rischiato di diventare cronaca. Ma molte di queste storie sono ambigue, tra disperazione e “rivalsa” se vogliamo misurare il successo dal numero di followers.
Alla fine la storia di Rita De Crescenzo – che fa, disfa, è la queen che accusa, si scusa, non getta mai la spugna, si autoassolve e si prende gli applausi, sarebbe perfetta come opinionista da Maria De Filippi, è però per me la meno interessante.
Ascoltate Giusy Mucella, professione venditrice di spighe di mais ai Quartieri Spagnoli, con un banchetto a Concezione a Montecalvario. Mucella in dialetto napoletano significa gattino di strada. Ma la signora altro che gattino: quando si alza rivolgendosi a me fa un pezzo che sembra preso pari pari dal teatro di Eduardo: tiene dentro tutte le contraddizioni, gli errori, l'autoassoluzione possibile nel popolo napoletano.
Mi racconta (veramente lo racconta a circa 9.000 persone collegate in diretta) dei suoi guai presenti e passati. E che ora è lì, le servono i soldi per comprare lo scaldabagno che si è rotto in una casa che va a pezzi, che il suo unico vantaggio oggi è fare qualcosa di soldi e vendere qualche pannocchia in più da ambulante nei vicoli.
Ascolto e non intervengo, mi fa tenerezza come la fanno tanti dei personaggi ascoltati negli anni. Sembra Pasqualino Miele, il personaggio che Eduardo scrisse per Totò nella trasposizione televisiva di “Napoli Milionaria” del 1950, quello che si affitta a ore pur di mantenere «figli moglie e suocera a carico».
Dovevo stare tra i 5 e 10 minuti, la mia presenza si allunga a mezz'ora, poi fortunatamente arriva il momento di alzare i tacchi. Papusciello (comico vero o involontario, non l'ho ancora capito) si alza per darmi la mano.
Vado via con una idea diversa: non è trash, almeno non solo. “Figli di mouse” oscilla tra il kitsch e il trash. È l'attacco frontale al format televisivo, nel tentativo di sminuirne costi, “sacralità” (dovuta al brand che lo mette in onda e alla diffusione nazionale) e sovvertirlo alle leggi del social napulitano, territorialissimo, cotto e mangiato.
E al tempo stesso però è il trash, ovvero l'elemento che esiste indipendentemente dal contesto o dai riferimenti. Che sia Tiktok, il condominio, il vicolo, la fila al mercato o la ressa al concerto: parte di Napoli è così. E questa è solo una rappresentazione, più calcata, eccessiva e – tutto sommato e suo malgrado – di successo.