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Soldi della droga riciclati da imprenditori cinesi a Roma: i pacchi di denaro arrivati anche da Napoli

La Guardia di Finanza ha arrestato 33 persone, legate a un’organizzazione che ripuliva con false transazioni i soldi della droga; il narcotraffico gestito dal napoletano Antonio Gala.
A cura di Nico Falco
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foto archivio
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Il gruppo di imprenditori cinesi che riciclava i proventi della droga a Roma con transazioni (vere e presunte) in Cina ripuliva soldi anche ben oltre i confini della Capitale: le indagini della Guardia di Finanza, apprende Fanpage.it da fonti qualificate, hanno ricostruito "conferimenti" di denaro anche da Napoli e monitorato i rapporti con pregiudicati calabresi, ritenuti legati alla ‘ndrangheta, e persino con criminali di stanza in Olanda. Tra i maggiori clienti, però, c'era il gruppo di Antonio Gala: napoletano d'origine, cresciuto all'ombra delle holding della droga di Marano ma da anni residente a Roma, è considerato uno dei principali broker del narcotraffico a livello internazionale.

Tra i destinatari dell'ordinanza figura anche un altro napoletano, Michele Sannino, 47 anni, residente nella periferia Est della città, a San Giovanni a Teduccio: insieme ad un altro uomo, anche quest'ultimo con accento campano, nel novembre 2020 ha consegnato 530mila euro ad uno degli imprenditori coinvolti, Wen Kui Zheng, perché venissero trasferiti all'estero.

Chi è il broker internazionale Antonio Gala

Gala, 43 anni, è attualmente latitante, ricercato in seguito ad un ordine di carcerazione firmato nel 2020 dal Tribunale di Napoli per una diversa indagine, sempre per reati di droga. Ma si tratta di una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine: nel 2002, quando aveva appena 19 anni, era stato tra i destinatari di ordinanza di custodia cautelare nell'operazione "Valentino", insieme ad altre 27 persone.

Nipote di Giuseppe Gala, esponente di primo piano della camorra di Marano fin dagli anni '90 (prima col clan Nuvoletta e successivamente coi Polverino), Antonio Gala viene ritenuto legato al gruppo Orlando, seppur con una notevole autonomia che gli consentirebbe di trattare i grossi carichi di stupefacenti da Spagna e Colombia come broker e con la possibilità di vendere la droga a più gruppi criminali.

Il "metodo Capogna"

Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 2014, il 43enne si era trasferito stabilmente a Roma dove, con base a Tor Pignattara, gestirebbe il traffico di stupefacenti insieme a Fabrizio Capogna (anche lui tra i destinatari dell'ordinanza), ideatore di quello che gli inquirenti definiscono il "metodo Capogna": parole in codice, appuntamenti in luoghi prestabiliti, telefoni non intercettabili, nessun contatto diretto con chi maneggia la droga e un grosso giro di veicoli a noleggio per il trasporto degli stupefacenti.

Il diplomatico straniero corriere della droga

In questo caso l'organizzazione si avvaleva anche di una vettura solitamente insospettabile, ma soprattutto intoccabile: un'automobile con targa diplomatica del consolato dello Yemen, utilizzata da un alto diplomatico per fare da corriere della droga. L'uomo, però, non può essere perseguito dalle autorità italiane perché gode dell'immunità diplomatica.

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